venerdì 5 ottobre 2018

L’artrosi può migliorare con l’alimentazione?


Di artrosi si parla poco anche se a soffrirne sono circa quattro milioni di italiani a partire dai 45 anni di età; le più colpite le donne, soprattutto con il sopraggiungere della menopausa.
L’artrosi è una malattia cronica degenerativa delle articolazioni, che colpisce principalmente la cartilagine di rivestimento delle giunture di mani, ginocchia, schiena, spalle, gomiti e anca.
Sono molti i fattori eziologici che portano all’insorgenza dell’artrosi: predisposizione familiare, stile di vita sedentario, età, sovrappeso, usura e possibili traumi.
E’ interessante sapere che alimentarsi in modo corretto ed equilibrato, non solo consente di migliorare lo stato di salute del soggetto affetto da artrosi, riducendo l’assunzione dei comuni farmaci antinfiammatori, ma permette anche di prevenire l’insorgenza di questa patologia spesso invalidante.

Alimenti per chi soffre di artrosi

Uno stile di vita corretto che contempli una dieta vicina a quella vegetariana ricca di verdure della famiglia delle crucifere (come cavolfiore, cavolo cappuccio, verza, broccoli ecc.); farine e cereali integrali, poco sale, combinata ad una corretta attività fisica, rappresenta uno dei fattori più importanti nella prevenzione dell’artrosi.
Si consiglia anche di integrare la regolare alimentazione con cibi antiossidanti e ricchi di omega 3: i primi perché aiutano a combattere i radicali liberi, i secondi perché sono noti antinfiammatori.

I cibi consigliati per contrastare l’artrosi:

  • Crucifere: cavoli, cavoletti, cavolfiori e broccoli ricchi di sulforafano, un composto che svolge un’azione benefica nel prevenire e rallentare artrosi. Il sulforafano blocca gli enzimi responsabili della distruzione delle articolazioni, modificando così l’attività infiammatoria
  • Verdura a foglia verde: lattuga, spinaci, bietole, sono tra gli ortaggi più ricchi di omega 3, che giocano un ruolo importante nella riduzione dell’infiammazione articolare
  • Frutti rossi: come frutti di bosco, mirtilli e more, sono ricchi di antiossidanti, utili nel contrastare lo stress ossidativo associato alle malattie reumatiche
  • Ananas: perfetto perché contiene un enzima, la bromelina, che riduce l’infiammazione
  • Pesce: da prediligere sardine, aringhe e salmone che contengono elevati quantitativi di omega 3 che, come già ricordato, svolgono un’importante azione antinfiammatoria
  • Semi e frutta secca: altra fonte di omega 3 i semi oleosi, come semi di lino, le noci, le mandorle e le nocciole
  • Cereali integrali: i cereali non raffinati hanno proprietà antinfiammatorie e sono ricchi di sali minerali
  • Olio extra-vergine di oliva: grazie alla presenza di oleocantale svolge un’importante azione antinfiammatoria ed è inoltre ricco di sostanze che contrastano l’azione dei radicali liberi
  • Tè verde: l’epigallocatechina gallato, tra i principi attivi del tè verde, vanta un importante effetto antinfiammatorio. La presenza di polifenoli, inoltre, riduce il danno alla cartilagine e l’erosione delle ossa
  • Cucurma: si tratta di una pianta erbacea dal potente effetto antiossidante e antinfiammatorio che viene per questo impiegata efficacemente nel trattamento di infiammazioni, dolori articolari
  • Alghe: come dulse, kombu sono ricche di antiossidanti, minerali e vitamine, le alghe sono utili nella prevenzione dell’artrosi, favorendo peraltro la riduzione del dolore e migliorando la facilità di movimento
  • Legumi: come principale fonte proteica dall’azione non acidificante e incapaci di promuovere processi infiammatori

In caso di artrosi è corretto utilizzare integratori a base di Boswellia serrata; Ribes nero abbinato ad Ampelopsis e al Pino montano

Inoltre è possibile trovare in commercio prodotti composti da un mix di principi attivi tutti mirati al buon funzionamento delle articolazioni, quali la glucosamina e condroitina associate all’MSM (metilsulfonilmetano), composto organico contenente zolfo con spiccata attività antinfiammatoria.

Per attenuare il dolore locale è possibile fare uso di pomate a base di capsicina e artiglio del diavolo, da applicare più volte al giorno sulla parte dolente.

Alimenti da evitare in caso di artrosi

La prevenzione delle cartilagini e il mantenimento di un buono stato di salute ossea, viene garantito dal controllo glicemico, dal grado di acidità e infiammazione, contrastando l’azione dei radicali liberi. Ecco di seguito gli alimenti nemici dell’artrosi:

  • eccessivo consumo di proteine animali, siano esse fornite da carne rossa, bianca, pesce, tuorlo d’uovo, formaggi e latticini, è responsabile dell’aumento dei processi infiammatori e dei dolori legati all’artrosi a causa dell’azione acidificante da essa promossa; inoltre l’eccesso proteico favorisce la perdita di calcio dalle ossa rendendo lo scheletro più fragile. Si consiglia quindi di assumere le proteine animali in modo vario all’interno della settimana, in porzioni di quantità limitata. Anche i latticini andrebbero consumati con moderazione sia per i grassi saturi in essi contenuti, capaci di promuovere la sintesi delle prostaglandine (sostanze ad alto tasso infiammatorio), che per l’azione acidificante responsabile di determinare un aumento dell’infiammazione
  • le solanacee (pomodori, patate, melanzane, peperoni) contengono la solanina, tossica se ingerita in eccesso; meglio scegliere altri tipi di ortaggi come carote, zucchine, fagiolini, ecc…
  • chi soffre di artrosi dovrebbe largamente evitare alimenti fritti e zuccherati, comprese le bevande; la loro azione acidificante accentua l’infiammazione in corso. Sostituire la frittura con la cottura al forno e scegliere come bevanda di elite la semplice acqua naturale. Gli alimenti zuccherati causano picchi di insulina (l’ormone secreto dal pancreas per abbassare il tasso di glicemia), portando da un lato all’accumulo di tessuto adiposo (con aumento dell’infiammazione) e dall’altro alla liberazione di radicali liberi: fattori che mettono entrambi a rischio la salute delle articolazioni
  • recenti studi hanno portato all’evidenza come alimenti contenenti glutine siano in grado di promuovere / innescare fenomeni infiammatori anche in quei soggetti non affetti da Morbo Celiaco. Sarebbe quindi consigliabile per chi chi soffre di artrosi di limitare il consumo dei prodotti ricchi di glutine
  • il caffè per la sua spiccata azione acidificante dovrebbe essere abbandonato in caso di artrosi; non fa eccezione il decaffeinato, via libera al tè verde e gli infusi alle erbe







mercoledì 3 ottobre 2018

Tutti i rischi legati al "digiuno intermittente"


Esistono diversi metodi di digiuno intermittenti, fra quelli più popolari troviamo: 
- Metodo 16/8: protocollo che prevede 3 pasti giornalieri (più una seduta di allenamento se è possibile) con una finestra di digiuno pari a 16 ore. Alcuni indicano la necessità di saltare la colazione tutti i giorni e mangiare durante una finestra di alimentazione di 8 ore, ad esempio dalle 12.00 alle 20.00; altri invece indicano di consumare un primo pasto appena alzati che deve rappresentare una importante fonte proteica e carboidrati a medio-basso indice glicemico con pochi grassi; fare un secondo pasto inteso come colazione completa; infine introdurre un terzo pasto che va a rappresentare un pranzo completo al cui termine (intorno alle ore 13:00 / 15:00) inizia la fase di digiuno che dura fino alla mattina seguente. Nei culturisti o negli sportivi spinti la seduta di allenamento si colloca fra il secondo e terzo pasto.
Eat-Stop-Eat: prevede uno o due digiuni di 24 ore ogni settimana, ad esempio non mangiando dalla cena del giorno prima a quella del giorno dopo.
- La dieta 5:2: prevede di consumare solo 500-600 kcalorie in due giorni della settimana, ma gli altri cinue giorni è possibile mangiare normalmente.
- La Warrior Diet: questo metodo si basa sull’alternanza di due fasi quotidiane di sotto-alimentazione e sovra-alimentazione. La fase di sotto alimentazione è prevista nelle prime venti ore della giornata, dal risveglio fino all’ora di cena, in cui si dovrebbe limitare al massimo l’apporto energetico; nelle restanti quattro ore della giornata si attua la fase di sovra alimentazione in cui è possibile alimentarsi fino a raggiungere il senso di sazietà senza avere particolari accorgimenti in merito alle quantità dei cibi assunti. 
- Whole day fasting: è una Eat Stop Eat con uno o due giorni di completo digiuno, negli altri 5/6 giorni si può mangiare a volontà.

Qualunque tipo di digiuno intermittente si voglia intrapredere va inteso come un sistema rigoroso volto a perdere velocemente peso mantenendo comunque la massa magra inalterata perchè non si arriva ad instaurare lo stato di chetosi. E’ stato pensato per coloro che vogliono raggiungere il peso prefissato, soprattutto sportivi, senza ricorrere alla consueta scelta dei cibi ipocalorici, alle pesate e alla conta delle calorie, ma soprattutto evitando di rispettare la regola dei 5 pasti giornalieri.

Metodo 16/8

Recentemente il metodo più in voga pare essere quello 16/8 il cui principio cardine è quello di creare un lasso di tempo di digiuno, fissato a 16 ore, la cui durata è tale da incidere sul bilancio calorico complessivo e sul metabolismo ormonale. Allontanandosi dai consueti 5 pasti quotidiani, il soggetto si può dedicare meno alla scelta dei cibi, certo che il digiuno così fatto sia in grado di far perdere peso velocemente. Sicuramente il digiuno intermittente non consente di entrare in chetosi, evitando quindi al soggetto tutti i fastidi legati alla dieta chetogenica. Nell’ottica di apparire belli e in poco tempo, soprattutto con l’avvicinarsi dell’estate, la popolazione abbraccia ogni vento di novità in fatto di dieta, senza poi troppo curarsi degli effetti e delle ripercussioni future sull’organismo.

Se per alcuni il digiuno intermittente si rivela di facile applicazione, non è così per tutti; alcuni potrebbero trovare questa metodologia estremamente difficoltosa se non addirittura impraticabile.
Dal punto di vista nutrizionale, i tratti criticabili del regime dietetico, sono prevalentemente legati alla "diseducazione" alimentare, a causa delle possibili lacune nutrizionali che si potrebbero instaurare (in termini non raggiungimento delle razioni raccomandare dei nutrienti).
D’altronde questo tipo di regime dietetico può risultare utile al culturista che ha necessità di raggiungere determinati standard estetici, talvolta anche contravvenendo a quelle che sono le regole legate ad una corretta alimentazione. Per i body-builders, nel costante sforzo di aumentare la massa muscolare e diminuire quella grassa, il digiuno intermittente garantisce questo binomio escludendo il tanto odiato catabolismo, meccanismo che va a ridurre altresì la massa muscolare costituita in numerose e stressanti sedute di allenamento intensivo.

Chiaramente non è affatto abbandonato il concetto legato all’attenzione verso l’alimento introdotto, del rispetto della suddivisione dei 5 pasti quotidiani, del conteggio delle calorie per attribuire in modo appropriato ad ogno soggetto il tenore calorico volto a far per perdere peso gradualmente in modo da non riacquistarlo in breve tempo.
Il digiuno intermittente viene inteso come un metodo veloce per limitare le calorie senza prestare attenzione al tipo di alimento introdotto; il conteggio delle calorie in questo caso non viene generalmente richiesto. Essendo il periodo di digiuno abbastanza lungo e consumando poi nelle restanti otto ore solo tre pasti; a meno che non si compensi mangiando molto in queste occasioni, le calorie che nel complesso verranno introdotte saranno meno.
Con il digiuno intermittente la perdita di peso stimata può arrivare fino al 3-8% del peso corporeo in un periodo compreso dalle 3 alle 24 settimane, con una riduzione della circonferenza dal 4% al 7%, dimostrando che il digiuno intermittente può essere un utile aiuto per dimagrire.

Effetti sull'organismo

Praticando il digiuno intermittente il metabolismo passa dall’ uso di carboidrati come fonte energetica primaria all’ utilizzo dei grassi.
Gli ormoni che entrano in gioco in fase di digiuno sono:
- L’insulina (ormone ipoglicemizzante e lipolitico che impiega carboidrati come substrato) aumenta quando mangiamo per ridiscendere nei momenti di digiuno; livelli più bassi di insulina facilitano la combustione dei grassi.
- L’ormone antagonista dell’insulina, il glucagone, aumenta la sua concentrazione ematica nella fase di digiuno; la sua azione si esplica controllando i livelli di glucosio nel sangue, aumentando la glicemia diminuendo la sintesi di glicogeno e stimolando la gluconeogenesi epatica (produzione di glucosio da composti non glucidici).
- Si assiste anche all'incremento di IGF-1 o somatomedina e testosterone.
- La lunga privazione alimentare è poi responsabile della secrezione di GH (somatotropina), comunemente indicato come ormone della crescita; a differenza dell'insulina, il GH, pur aumentando l'ipertrofia, non determina un deposito adiposo, bensì favorisce la lipolisi necessaria al dimagrimento.
- Il sistema nervoso registra il digiuno come un momento di stress quindi induce un aumento di catecolamine: adrenalina (epinefrina) e noradrenalina (norepinefrina). Entrambe aumentano il dispendio energetico a riposo durante un digiuno: il sistema nervoso invia noradrenalina agli adipociti, da cui vengono liberati gli acidi grassi che possono essere demoliti per produrre energia.
- Il digiuno intermittente normalizza i livelli di grelina, conosciuto come "l'ormone della fame" che di norma si attiva prima di un pasto in base alle nostre abitudini; diminuendo in questo modo il desiderio di mangiare soprattutto rivolto agli zuccheri donando senso di sazietà.





Alimenti ammessi in questo regime dietetico restrittivo

Nel caso del Metodo 16/8, nonostante si sfrutti la finestra del digiuno per promuovere il dimagrimento, i restanti pasti possono essere consumati in libertà purchè nel rispetto della scelta di alimenti a basso tenore calorico come carne, pesce, uova, frutta, verdura ma anche pane, pasta, frutta secca nelle giuste proporzione. Inoltre, per massimizzare i risultati di dimagrimento e potenziare la massa muscolare, sarebbe necessario svolgere regolarmente la giusta attività fisica.

E’ bene sapere che esistono anche degli alimenti che possono essere introdotti in fase di digiuno:

ALIMENTI LIQUIDI
- alimenti liquidi a 0 kcal che potenziano gli effetti del digiuno: a questa categoria appartengono aceto, caffè, tè verde, tè nero, integratori multivitaminici, acqua. Stimolanti come caffeina sono in grado di mediare la produzione della noradrenalina che mobilita le scorte di glucosio e di acidi grassi.
- dolcificanti vari che, se usati con moderazione per zuccherare le bevande, risultano inerti rispetto al digiuno non bloccandolo.
- integratori liquidi: aminoacidi ramificati BCAA (L-Leucina, L-Isoleucina e L-Valina) che si presentano in polvere ma prima dell’assunzione devono essere sciolti in acqua. Forniscono calorie per un diretto effetto sulla limitazione del catabolismo muscolare; sono gluconeogenetici e vengono utilizzati al posto degli amminoacidi ricavati dalla "distruzione" del muscolo per produrre glucosio.
- oli MCT: olio di cocco, pur essendo un grasso e quindi calorico, non interrompe il digiuno glucidico, attiva altresì le vie metaboliche che promuovono l'ossidazione lipidica. Essendo questo principalmente composto da acidi grassi a catena media (MCT) saranno indirizzati molto velocemente ai livello dei mitocondri invece che essere accumulati come adipe. Valido sostituto all’olio di cocco potrebbe essere il ghee o burro chiarificato, composto in buona parte da grassi MCT.

ALIMENTI SOLIDI
Strano, ma vero, esistono degli alimenti a bassissimo tenore calorico (< 50 kcal per 100g ) che possono essere ammessi in fase di digiuno come quelli consentiti nella Protein Spared Modified Fast (non altro che un tipo di dieta chetogenica) ovvero certi tipi di proteine alimentari a bassissimo tenore calorico (come quelle presenti nella carne magra, pollame, pesce, albume dell’uovo) e spezie (come cannella, pepe nero, peperoncino, curcuma) in modo da limitare il catabolismo muscolare.



Raccomandazioni e disillusioni 

Quando sono di fronte ad un soggetto che mi chiede di perdere velocemente peso, la prima cosa che faccio è quella, in sede di colloquio anamnestico, di far comprendere che non esistono metodi miracolosi che in breve tempo fanno perdere chili senza, di pari passo, arrecarei alcun danno alla salute. Per prima cosa sono tenuta ad esaminare il soggetto nella sua totalità e capire perchè si è rivolto al professionista: è un soggetto in lista per la chirurgia bariatrica?; è un soggetto che ha devoluto la sua vita al culturismo?; è un soggetto che presenta qualche patologia? e se si quale?; è una persona affetta da DCA? si è rivolto a me per affrontare il periodo estivo più “in forma”?
A seconda dello scenario, il professionista sarà in grado di scegliere il regime dietetico più consono al soggetto, tenuta presente la sua storia clinica e familiare. L’importante è far intraprendere determinati regimi alimentari solo in quei casi in cui esiste una realistica necessità e una prospettiva di miglioramento in termini di salute a lungo termine. Scoraggio invece ad iniziare, soprattutto con metodi fai da te, diete fortemente restrittive a chi presenta patologie conclamate, in cui una dieta squilibrata potrebbe portare a maggiori danni rispetto ai benefici.
Il digiuno intermittente resta un regime dietetico assolutamente controindicato durante la gravidanza e l'allattamento, in soggetti che soffrono di una patologia conclamata; resta altamente sconsigliato in tutti i soggetti che soffrano di disturbi del comportamento alimentare e fra i soggetti in accrescimento e in fase di sviluppo. Chi decide di intraprendere il digiuno intermittente, lo deve fare unicamente sotto controllo da parte di uno specialista del settore che è tenuto ad informare il suo assistito dei possibili effetti collaterali e pericolosità oltre che a monitorare che la restrizione calorica non arrechi carenze di alcun genere e che non subentrino pericolosi squilibri elettrolitici. E’ importante sapere che intraprendere questo regime dietetico può portare ad instaurarsi stati di agitazione e nervosismo, aumentato senso di affaticamento oltre che sensazione di gonfiore pertanto se ne consiglia un approccio graduale ad esempio iniziando saltando un pasto senza calcolare i tempi esatti in termini di ore.



Dieta mediterranea vs Dieta giapponese


 I due regimi alimentari hanno almeno un elemento in comune: entrambi, nel 2014, sono stati considerati dall’Unesco patrimonio immateriale dell’umanità e riconosciute come le diete più sane al mondo, in grado di aumentare le aspettative di vita e di ridurre il rischio di alcune patologie come cancro, arteriosclerosi, diabete, ictus e infarto.
Tanto lontane sia dal punto di vista geografico che culturale, Italia e Giappone sono in grado di promuovere con l’alimentazione benessere e longevità alle rispettive popolazioni. Numerosi infatti sono i tratti a comune fra i due tipi di tradizioni culinarie:
- entrambe le diete suggeriscono il consumo di 5 o 6 porzioni al giorno di verdura fresca di stagione: pomodori, melanzane e peperoni sono alcuni degli ortaggi più consumati nelle aree mediterranee, mentre nella zona orientale sono più comuni cavolo e alga marina.
- entrambi i regimi alimentari prevedono il consumo giornaliero di cereali; la dieta mediterranea raccomanda pane e pasta, meglio se integrali, quella giapponese favorisce il riso.
- entrambe sono ricche di frutta, pesce e uova, promuovono la riduzione del consumo di carne e sconsigliano il consumo di dolci e bevande zuccherate.


VIRTU' DELLA CUCINA GIAPPONESE


Secondo l’ Organizzazione Mondiale della Sanità il Giappone è il paese con la più alta aspettativa di vita al mondo e ciò è reso possibile sia grazie alle caratteristiche genetiche di popolazione tramandate di generazione in generazione, che al corretto stile di vita e alle abitudini alimentari adottate nei secoli.
Combinare, in piccole porzioni, alimenti ricchi di proteine a basso tenore calorico (come il pesce) con verdura e grassi sani (soprattutto omega 3) è importante per mantenere il corpo in salute. Impiegare nella preparazione dei cibi pochissimo sale ed introdurre nutrienti ricchi di flavonoidi, vitamina E, licopene e carotenoidi è fondamentale per garantire il buon funzionamento dei processi fisiologici. I giapponesi hanno inoltre l’abitudine di bere molto tè al gelsomino, che pare giochi un ruolo importante nella prevenzione del cancro.
Alimenti riccamente presenti nell’alimentazione giapponese sono i germogli di soia ricchi di acqua, vitamine (soprattutto vitamina C) e sali minerali tanto da poter essere considerati dei veri e propri integratori naturali capaci di mantenere l’organismo in perfetta salute. All’interno dei germogli di soia è inoltre presente la lecitina, che aiuta a regolare i livelli di colesterolo ematico, oltre che i fitoestrogeni, ovvero ormoni naturali che possono essere utili soprattutto nel periodo della menopausa.
La cucina giapponese è inoltre ricca di composti chimici naturali capaci di rallentare la crescita delle cellule tumorali; di indurre l'apoptosi ( il "suicidio cellulare programmato"); oppure di svolgere attività anti angiogenesi, bloccando cioè lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni in prossimità dei tumori, ostacolando così la crescita tumorale. Alimenti di questo tipo sono:
- le alghe ( fra le più conosciute kombu, wakame e nori) ricche di fibre oltre che di minerali (iodio, potassio, ferro e calcio) e amminoacidi essenziali.
- la soia che grazie agli isoflavoni in essa presenti è in grado di proteggere da tumori dipendenti dagli ormoni, come il cancro del seno o della prostata.

I giapponesi utilizzano inoltre numerosi ingredienti fermentati: dalle umeboshi ovvero alle prugne in salamoia (che in realtà sono albicocche), al tè kombucha che in Giappone è conosciuto con il nome di tè "kocha kinoko", al miso o al tempeh che derivano dalla soia fermentata; alimenti in grado di facilitare la digestione modificando il PH, aiutano a prevenire la nausea, esercitano proprietà disintossicanti e antibatteriche e aiutano a ristabilire il corretto funzionamento della flora batterica intestinale essendo ricchi in “batteri buoni”. Inoltre apportano enzimi e vitamine B e C che svolgono un'azione antiossidante, depurativa e digestiva. Il miglior modo di consumare cibo fermentato per trarne beneficio è consumarlo crudo e a temperatura ambiente; la cottura infatti disattiva i fermenti.


CRITICITA' DELLA CUCINA GIAPPONESE


Il cibo giapponese non presenta però solo virtù:
- oltre alla presenza del noto del parassita Anisakis, è possibile trovare nelle carni del pesce crudo un altro pericoloso parassita il Diphyllobothrium latum, responsabile di provocare la difillobotriasi o tenia del pesce, che causa, se ingurgitata, deficit di vitamina B12 e anemia. I rischi di contrarre queste infezioni parassitarie si abbattono se il pesce è stato trattato nel rispetto delle norme vigenti.
- E’ bene sapere che le specie di pesce utilizzate nella cucina giapponese sono spesso ricche di mercurio e altri metalli tossici in grado di provocare intossicazioni che si possono manifestare con sintomi diversi, rendendole quindi di difficile identificazione ed interpretazione. Le carni in cui la concentrazione di mercurio risulta essere maggiormente elevata sono quella del tonno, del pesce spada e dello squalo.
- Un mito da sfatare è che il sushi sia un alimento povero di calorie, in realtà, anche se gli ingredienti base impiegati sono principalmente pesce, riso e verdure quindi salutari e poco calorici, i condimenti e le salse utilizzate per insaporire le pietanze, come anche il metodo di cottura che utilizza la tempura, portano ad un aumento delle calorie.


- La salsa di soia, largamente impiegata in questo tipo di cucina, risulta essere molto salata per tanto non adatta a chi soffre di ipertensione e a chi sta seguendo un regime dietetico ipocalorico. Altri condimenti potenzialmente non troppo salutari sono la salsa al rafano, allo zenzero e il wasabi. Se non eseguite utilizzando la vera e propria radice fresca, ma ottenute da preparati sotto forma di paste o conserve, potrebbero contenere additivi chimici, conservanti e coloranti nocivi.
- In Giappone la bevanda più consumata, anche più della stessa acqua, è il tè che viene consumato sotto diverse forme e che accompagna la giornata e i pasti di ogni quitidiani. E’ bene sapere che per ogni tazza di tè, la percentuale di caffeina assunta può essere anche molto elevata. Molti sono i fattori in grado di determinare la concentrazione di teina e caffeina dell’infuso, primo fra tutti il tempo di infusione: minore è il tempo di infusione è maggiore è il contenuto di caffeina che si ritroverà nella bevanda. La caffeina infatti è una sostanza che passa molto rapidamente in infusione, una volta che il tè viene messo a contatto con l’acqua bollente: bastano due o tre minuti perché questa sostanza venga estratta e passi nell’infuso. Se il tempo di contatto del tè con l’acqua calda viene però prolungato, raggiungendo almeno i cinque minuti, sono i tannini contenuti nel te a passare in infusione, andando a legarsi con la caffeina che diventa meno assorbibile dall’organismo. Un tè che dunque rimane molto tempo in infusione perde la maggior parte della sua capacità eccitante, trasformandosi in una bevanda dall’effetto blando. Quando si consuma del te è necessario tenere in considerazione che alcune molecole presenti nell’infuso sono in grado di chelare (legare e trattenere) alcuni nutrienti. I tannini contenuti nel tè sono in grado di legarsi al ferro portando ad un ridotto assorbimento di questo minerale a livello intestinale. Il consumo prolungato di bevande eccessivamente calde pare inoltre favorire l’insorgenza di cancro all'esofago; soprattutto esposti a tale rischio risultano coloro che sono soliti consumare dosi eccessive di alcool e sigarette.



ALL YOU CAN EAT ITALIANO E' SICURO?


Quando si va a mangiare giapponese è di rigorosa importanza scegliere ristoranti di qualità in grado di garantire le materie prime, l’adeguata conservazione e preparazione degli alimenti.
Il consumo di pesce crudo è infatti legato ad alcune patologie:
- Parassitosi, dovute all'assunzione di alimenti contaminati da organismi patogeni come protozoi, larve e amebe
- Infezioni, dovute all'assunzione di alimenti contaminati da microorganismi patogeni quali batteri e virus
- Intossicazioni, dovute all'assunzione di alimenti contaminati solo dalle tossine batteriche o delle alghe
- Tossinfezioni, dovute all'assunzione di alimenti contaminati sia da batteri patogeni che le rispettive tossine.

Se mangiati crudi, i molluschi bivalvi possono trasmettere all’uomo patologie quali:
- Epatite virale: malattia sistemico-epatica determinata dal virus HAV
- Salmonellosi, Tifo e Paratifo
- Colera
- Tossinfezione da Escherichia Coli
- Tossinfezione da Vibrio Parahaemoliticu (molto presente in Giappone)

Visto ciò è facilmente comprensibile come sia doveroso per un ristorante che serve cucina giapponese, rispettare le norme igenico-sanitarie legate alla corretta conservazione, stoccaggio e cottura dei cibi. La tanto famosa parassitosi intestinale da Anisakis infatti è ad esempio scongiurabile dall’abbattimento del pesce a -20°C per almeno 24 ore prima che questo venga servito e di conseguenza mangiato.

Si sconsiglia comunque il consumo di pesce crudo ai soggetti immuno depressi, come pazienti affetti da neoplasie o in trattamento chemioterapico, con deficit da HIV, anziani, diabetici, donne in gravidanza.

CARCIOFO e le sue virtù depurative

 ll carciofo (o Cynaria scolymus) è una pianta erbacea perenne della famiglia delle Asteraceae o Composite. La stagione del carciofo va da ottobre a giugno, ma ci sono anche molte specie che fioriscono più volte durante l'anno.
La parte della pianta che maggiormente viene impiegate ad uso alimentare è quella interna dei capolini giovani (bratte interne); il fogliame esterno (bratte esterne) viene invece scartato, in quanto troppo dura e fiborsa; meno impiegata è la parte del gambo più vicina al fiore. Le foglie invece sono utilizzate per la preparazione di estratti idroalcolici, tinture madri, estratti secchi,  ecc. ad uso fitoterapico.
Il carciofo crudo fornisce un apporto calorico molto ridotto (22 kcal per 100 g di prodotto), il contenuto proteico è superiore a quello dei carboidrati in esso presenti, mentre quello lipidico è praticamente nullo; alto invece è il contenuto di fibre. Il carciofo è ricco di vitamine quali tiamina, riboflavina, niacina, vitamina C, carotenoidi e minerali quali ferro, calcio, sodio, fosforo e potassio.
Il carciofo, noto da secoli per le sue numerose virtù, viene impiegato per contrastare molti problemi legati all’apparato digestivo:

COME ALIMENTO

1) Aiuto contro la stipsi
La cinarina largamente presente nei carciofi svolge sia attività coleretica (stimola la produzione di bile) che colagoga (facilita il deflusso della bile dalla cistifellea verso l’intestino). Il consumo di carciofi è particolarmente adatto a chi ha problemi di stipsi persistente, non solo per le fibre da esso apportate, ma anche per la maggior produzione di bile che una volta riversata nell’ intestino promuove un effetto lassativo favorendo cosi il naturale ripristino dell regolarità intestinale.

2) Aiuto per il fegato
La presenza di acidi fenolici, ad elevata azione antiossidante, contenuti nel carciofo lo eleva al ruolo di protettore epatico contro la formazione di radicali liberi. La già citata cinarina sembra inoltre coinvolta nel stimolare la rigenerazione delle cellule epatiche esposte ai danni provocati dall’abuso di alimenti potenzialmente dannosi come quelli precotti, manipolati industrialmente e raffinati, fritti, soffritti, insaccati ed alcool. La buona quantità di potassio contenuta nel carciofo lo rende inoltre un efficace diuretico utile a combattere la formazione di calcoli renali e biliari.

3) Contro i picchi glicemici
Il carciofo è ricco di inulina: una fibra solubile che oltre a contribuire a ridurre il tasso di trigliceridi nel sangue e a facilitare la regolarità intestinale, è in grado di contenere gli aumenti dei valori glicemici.

4) Previene le malattie cardiovascolari
Grazie all’ acido clorogenico (antiossidante naturale) particolarmente presente nel cuore del carciofo, fa si che questo ortaggio sia in grado di prevenire malattie arteriosclerotiche e cardiovascolari. La cinarina, grazie all’azione ipocolesterolemizzante, contrasta la formazione di placche ateriosclerotiche responsabili dell’ostruzione arteriosa.

5) Previene l’insorgenza tumorale
Uno studio pubblicato su “Nutrition and Cancer” ha rilevato che i polifenoli presenti nel carciofo, che si conservano anche dopo la cottura al vapore dell’ortaggio, possono contrastare l’azione ossidativa dei radicali liberi e interferire con i processi molecolari che favoriscono le trasformazioni tumorali.

AD USO FITOTERAPICO

Per la preparazione di estratti idroalcolici, estratti secchi e tisane vengono utilizzate principalmente le foglie in cui la concentrazione di cinarina è addirittura superiore a quella contenuta anche nel capolino; sostanza questa dalle proprietà epatoprotettrici, colagoghe, coleretiche, ipocolesterolemizzanti, disintossicanti, diuretiche. La foglia del carciofo è anche ricca di flavonoidi, cinaropicrina, tannini, steroli, poliacetileni, lattoni sesquiterpenici, sali minerali ed acidi organici (malico, succinico).
Prima di utilizzare il carciofo sia come alimento che ad uso fitoterapico è bene sapere che non è un alimento adatto a tutti. Si sconsiglia infatti il consumo e l'uso di estratti fitoterapici per quei soggetti che hanno subito l'asportazione della cistifellea.

Meccanismi depurativi nei confronti del fegato

L’azione terapeutica esercitata dai carciofi sul fegato viene soprattutto esplicata dagli estratti fitoterapici piuttosto che dall’ingestione dell’ortaggio in quanto la concentrazione di cinarina risulta essere maggiore.
Uno studio pubblicato sulla rivista International Journal of Hepatology ha valutato gli effetti terapeutici delle foglie dei carciofi assunte come estratto. Tale studio è stato condotto su pazienti affetti da steatopatite non alcolica (NASH), malattia infiammatoria del fegato caratterizzata dall’accumulo di grassi che porta il fegato alla cirrosi e all’insufficienza epatica; i risultati dello studio hanno evidenziato gli effetti terapeutici dell’estratto di carciofi sulle transaminasi (enzimi epatici) oltre che su trigliceridi e colesterolo ematico.
E’ stato inoltre dimostrato che la tintura madre di foglie di carciofo può risultare utile in caso di stipsi, gonfiore addominale per i diabetici come ipoglicemizzante, per chi soffre di patologie epatiche quali steatosi epatica, epatiti, transaminasi o gamma-gt elevate, ecc..).
La cinarina, polifenolo derivato dell'acido caffeico esplica la sua azione epatoprotettiva, coleretica, colagoga, diuretica e antiossidante, agendo principalmente a livello epatico proteggendo le cellule del fegato, stimolando la produzione della bile, favorendo lo svuotamento della colecisti e stimolando il deflusso della bile nel duodeno.
Promuovendo l’azione coleretica il flusso della bile aumenta notevolmente, migliorando in questo modo le funzioni intestinali e la digestione dei grassi alimentari.
Numerosi studi hanno documentato l’efficacia e la sicurezza degli estratti di carciofo nel trattamento di disfunzioni epato-biliari e problemi gastro-digestivi come la sensazione di pienezza, la perdita di appetito, nausea o dolori addominali. Alcuni studi ne hanno evidenziato l’utilità nel ridurre la sintomatologia in soggetti con sindrome del colon irritabile.
Oltre che per la salute del fegato, gli estratti delle foglie di carciofo si sono rilevati efficaci anche nella prevenzione dell’aterosclerosi e dell’iperlipidemia, inoltre migliorano il funzionamento delle cellule endoteliali che rivestono le pareti dei vasi rendendole più resistenti. Uno studio della Johannes Gutenberg University di Magonza, ha evidenziato l’azione benefica a livello circolatorio degli estratti di carciofo legata alla presenza non solo di cinarina ma anche di clanidina e luteolina in grado di esercitare un’azione antinfiammatoria e protettiva nei confronti delle pareti di vene e arterie.
Questo ortaggio si inquadra perfettamente all’interno di una alimentazione sana ed equilibrata, ricco di ferro, sodio, potassio, fosforo, calcio, vitamine (A, B1, B2, C), acido malico e acido citrico, tannini e zuccheri, costituiti per lo più da insulina è un alimento ipocalorico che può far parte di tutte le diete grazie anche alla sua alta digeribilità (tranne per coloro che hanno subito l’asportazione della cistifellea).


Alcune ricette:

Carciofi con l’acciuga

Tagliate i gambi ai carciofi, puliteli, riduceteli a tocchetti; private i carciofi delle foglie esterne, spuntateli e divideteli a metà, mettete il tutto in acqua a cui è stato aggiunto del succo del limone.
Disponete dell’'aglio con un pochino di olio extravergine in una casseruola, unite i filetti d'acciuga e fateli sciogliere con una paletta di legno facendo andare il tutto a fuoco lento. Aggiungete i gambi e fateli insaporire per qualche minuto. Poi bagnate con 5 dl di acqua calda e l'aceto.
Sgocciolate i mezzi carciofi, sistemateli con le foglie rivolte verso il basso all’interno di un cestello per la cottura a vapore e procedete con questo metodi di cottura.
Fate restringere il fondo di cottura della casseruola con del pane grattugiato e unite una manciatina di prezzemolo tritato. Questo rappresenterà la farcitura dei vostri carciofi cotti a vapore.
Disponete le barchette di carciofo così farcite su un piatto da portata e servite. Avete creato un ottimo contorno in grado di accompagnare ogni secondo piatto.


Fusilli alla carbonara di carciofi

Pulite i carciofi. Mettere 2 cucchiai di olio in una padella con lo spicchio d'aglio schiacciato e spellato, unitevi i carciofi a spicchi e irrorateli con 1/2 bicchiere di acqua calda, coprite e cuocete per circa 10 minuti. Eliminate l'aglio, regolate di sale e pepe e spegnete.
Montate 4 tuorli d'uovo con 30 g di burro morbido (o in alternativa con 30 g di ricotta), 40 g di grana padano grattugiato e pepe. Fate imbiondire 80 g di prosciutto crudo tagliato a cubetti in una pentola antiaderente
Cuocete i fusilli in abbondante acqua bollente salata; scolatela, mettetela nella padella con i carciofi, mescolate per 1 minuto, trasferite tutto nella ciotola con le uova, unite il prosciutto imbiondito e servite la carbonara ai carciofi.





Tisana con carciofo

Ecco di seguito quattro modi per preparare la tisana al carciofo:

1. Utilizzate solo le foglie del carciofo, comprese quelle più esterne che hanno le spine. Preparatene una quindicina e mettetele da parte. Intanto riscaldate due tazze d’acqua in un pentolino; non appena arrivata a bollore, aggiungere all’acqua le foglie e fate bollire per altri cinque minuti. A questo punto filtrate il tutto e bevete.

2. Utilizzate le diverse parti del carciofo, gambo compreso, tritatele in piccoli pezzi e ponetele in un pentolino con due tazze d’acqua. Cuocete il tutto per circa 20 minuti. Procedete al filtraggio e gustatevi la vostra tisana.

3. Utilizzate le diverse parti del carciofo e preparate una tisana che potete conservare e adoperare per più giorni. Lavate separatamente tutte le parti della pianta, pesatene circa 100 grammi e metteteli a bollire in un litro d’acqua. Non appena l’acqua raggiunge il bollore, spegnete il fuoco e lasciate macerare il tutto per 10 minuti. Filtrate la tisana al carciofo in un contenitore a parte e bevetela 2 o 3 volte al giorno. E’ possibile aggiungere all’infuso della menta, della melissa o dolcificanti naturali come la sciroppo d’agave o miele.

4. L'alternativa migliore, sia per il maggior contenuto di principi attivi, sia per la facilità d'uso, è quella di impiegare un estratto idroalcolico, come per esempio la tintura madre. In questo caso basterà diluire poche gocce (circa 20-30 gocce) di tintura madre in poca acqua, da bere a stomaco vuoto 3 volte al giorno. L'estratto secco titolato è invece sconsigliato, per il suo contenuto di maltodestrine, dannose per l'organismo umano

Si precisa che la tisana con il carciofo andrebbe evitata per le donne in fase di allattamento, in quanto alcuni studi hanno registrato una riduzione della secrezione di latte durante l’assunzione dell’infuso.

martedì 24 luglio 2018

CIBO IN GRAVIDANZA: DECALOGO degli alimenti pericolosi e dei corretti comportamenti da adottare


Alimentarsi in maniera equilibrata e salutare soprattutto in gravidanza è molto importante, per questo occorre seguire una dieta corretta, completa e varia. 
E’ basilare che la gestante conosca i cibi che possano rappresentare un rischio per lei e il futuro nascituro.

Sarebbe consigliabile EVITARE

1° categoria 
- Pesce crudo, crostacei (aragoste, astici, gamberi, gamberoni), pesce essiccato (che di solito non è ben cotto) in quanto presentano una probabilità maggiore di contenere batteri rispetto a quello cotto.
- Pesce affumicato per evitare i rischi connessi alla presenza di sostanze cancerogene legate al processo di affumicatura.
- Pesce che potrebbe contenere un’alta quantità di mercurio come lo squalo, il pesce spada, lo sgombro e il tonno. Il mercurio, anche se naturalmente presente nell’ambiente, viene inoltre rilasciato nell’aria dagli scarichi industriali inquinanti; in questo modo entra in contatto con le specie acquatiche accumulandosi nel loro tessuto adiposo sottoforma di metilmercurio.Tracce di mercurio sono presenti in quasi tutti i tipi di pesce, ma particolarmente presenti in quelli più grandi. L’eccesso di mercurio può danneggiare il feto o il sistema nervoso del neonato che si sta sviluppando. Sono quindi da privilegiare i pesci ricchi di omega 3 e poveri di mercurio come: salmone, aringhe, acciughe, sardine.
- Frutti di mare (ostriche e vongole) che potrebbero essere contaminati dagli scarichi industriali e contenere microbi pericolosi, in grado di provocare gravi patologie gastrointestinali alla gestante. La cottura in questi casi è sufficiente a scongiurare il rischio di infezioni, ma è inefficace in presenza di tossine, si consiglia quindi di privilegiare il consumo di alimenti confezionati di provenienza industriale in quanto soggette a controlli severi e periodici.

2° categoria
- Il latte e i prodotti derivati (formaggi, yogurt, …) sono alimenti che, se consumati nelle giuste dosi, devono essere presenti nella dieta della neo mamma in quanto ricchi di proteine, grassi e calcio ad essa necessario basta però scartare quelli pericolosi. Sono quindi da evitare:
- latte non pastorizzato e prodotti derivati
- formaggi molli maturati con le muffe, come il brie e il camembert
- formaggi erborinati come Roquefort e Gorgonzola
- formaggi molli come le tome e i tomini freschi, a meno che non siano prodotti con latte pastorizzato.
- alcuni formaggi di capra
Sono però da considerati sicuri i formaggi a pasta dura e semidura come il Parmigiano e il Grana. 
Il rischio legato a questo tipo di alimenti è la possibile presenza del batterio Listeria monocytogenes. La gestante che contrae la listeriosi può andare incontro ad
aborto spontaneo e parto prematuro. La sintomatologia in caso di avvenuta infezione è del tutto analoga a quella legata a disturbi parainfluenzali comprendenti febbre, dolori muscolari, brividi, talvolta associati a nausea e/o diarrea, per tanto di difficile individuazione. Solo raramente può evolvere in una forma potenzialmente letale di meningite e in infezioni ematiche.

3° categoria
- Uova poco cotte o crude in cui è difficile escludere la presenza di Salmonella e di conseguenza alimenti a base di uova crude come: zabaione, maionese artigianale,e tiramisù. Le uova dovrebbero quindi essere cotte finché sia il tuorlo che l’albume non risultino perfettamente solidi.
- Gelato artigianale, che a differenza di quello industriale, in genere considerato sicuro e mousse potrebbero essere prodotto con latte e uova non pastorizzate e quindi possibilmente contaminate con Salmonella.

4° categoria
- La carne è un alimento ricco di proteine, ferro e vitamina B12 e rappresenta quindi una parte importante della dieta sana di ogni futura mamma; è però importante che le gestanti non consumino carni crude, non ben cotte, compresi fegato, salsicce, ma anche hot-dog e piatti pronti di gastronomia, insaccati come prosciutto, arrosto di tacchino e pollo, salame e mortadella, a meno che non siano ben cotti.perché potrebbero rischiare diverse intossicazioni alimentari come: Listeria, E.coli, Campylobacter, Salmonella, Toxoplasma.
La toxoplasmosi è un’infezione parassitaria, spesso asintomatica o al massimo associabile a lievi sintomi parainfluenzali; contrarre però la patologia durante la gravidanza, espone la mamma al rischio di contagiare il feto per un 50%. Se un neonato viene contagiato può soffrire di problemi alla vista o all’udito, disabilità intellettive, convulsioni e altri problemi di carattere neuronale.

Le temperature consigliate da rispettare nella cottura delle carni sono le seguenti: 
- Arrosto o costolette di maiale: cottura ad almeno 63 °C.
- Arrosto e bistecche di manzo, vitello e agnello: cottura ad almeno 63 °C.
- Hamburger di manzo, vitello, agnello e maiale: cottura ad almeno 71 °C.
-Tritata di pollame: cottura ad almeno 74 °C.
- Petto di pollo: cottura ad almeno 77 °C.
- Pollo intero: cottura ad almeno 82 °C.

Per quanto concerne il consumo di fegato durante la gravidanza, si raccomanda attenzione e moderazione. Pur essendo una buona fonte di proteine, ferro, acido folico, vitamine del gruppo B, pare contenere addirittura un eccesso di vitamina A potenzialmente responsabile di malformazioni fetali. Secondo l’Institute of Medicine (IOM), la RDA (dose giornaliera consigliata) di vitamina A per le gestanti è di 2.565 UI (unità internazionali) al giorno. Una ricerca condotta su donne che hanno assunto al giorno circa quattro volte la quantità consigliata dall’IOM nei primi due mesi di gravidanza hanno presentato un rischio più che doppio del normale di partorire un figlio affetto da malformazioni.

Coloro che non hanno contratto Toxoplasmosi prima della gravidanza dovrebbero evitare il consumo di frutta e verdura cruda o che non può essere sbucciata. Va posta particolare attenzione alle insalate pronte. Si consiglia quindi di lavare molto bene la verdura, usando anche del bicarbonatio per poi sciacquarla abbondantemente sotto l’acqua corrente; operazione da eseguire anche con le insalate già imbustate. 

5° categoria
Alimenti particolarmente soggetti a rischio contaminazione di Salmonella ed E.coli.
- Succhi di frutta non pastorizzati
- Tisane e tè a base di estratti vegetali (è invece ammesso il tè tradizionale, meglio se decaffeinato)
- Paté e salse a base di carne o pesce affumicato vendute come fresche (le versioni confezionate sono sicure)
- Germogli crudi
- Pasti da asporto e piatti già pronti che presentano alta contaminazione

Le infezioni da Salmonella e da E.coli di solito provocano: diarrea, nausea, crampi addominali e febbre e possono continuare anche per diversi giorni.
Le gestanti che contraggono Salmonella e/o E. Coli, possono trasmettere l’infezione al feto, che a sua volta può soffrire di diarrea, febbre e, più raramente, di meningite dopo la nascita.

6° categoria
- Alcool: può provocare basso peso alla nascita e parto prematuro
- Caffè si consiglia di non superare 200 mg di caffeina al giorno pari a due tazzine; vanno considerate bevande eccitanti anche tè, cola, bevande energetiche e cioccolato, le cui porzioni andranno ridimensionate. Se si eccede nelle dosi si potrebbe andare in contro a nervosismo e tachicardia, tutte situazioni che non giovano al feto. 
- Dolci da utilizzare con moderazione in quanto un loro eccesso potrebbe promuovere nella neo mamma diabete gestazionale o iperglicemia.


Preparazione degli alimenti in gravidanza
Cucinare i vari alimenti prevede processi delicati che molti sottovalutano: ma è proprio il momento in cui possono verificarsi contaminazioni durante la manipolazione e preparazione del cibo. 

La FDA (food and drug administration) ha stabilito a tal proposito delle semplici regole a cui attenersi:
- Lavarsi le mani con acqua calda e sapone prima e dopo aver maneggiato gli alimenti.
- Lavare i taglieri, i piatti, gli utensili da cucina e i piani di lavoro con acqua calda, sapone e aceto dopo che sono venuti a contatto con carne cruda, pollame, pesce, uova o ortaggi freschi non lavati.
- Tenere lontani tutto gli alimenti crudi, in particolarl modo pesce, carne e pollame, dagli alimenti pronti o cotti.
- Lavare la frutta e la verdura con acqua corrente prima di consumarle; la dove necessario, rimuovere lo sporco in superficie con una spugna ruvida oppure un bruschino impiegato unicamente a tale scopo.
- Togliere e buttare via le foglie più esterne degli ortaggi a foglia.
- Togliere le parti marce o non integre della frutta e della verdura
- Evitare di consumare alimenti cotti che sono stati fuori frigo per più di due ore.
- Controllare che la temperature del frigo sia di 4 °C al massimo e quella del freezer sia al massimo di -17 °C per rallentare la proliferazione dei batteri.

I corretti comportamenti da adottare in garvidanza 

Anzi tutto andiamo a sfatare il falso mito che la donna in gravidanza debba “mangiare per due”, sarebbe un errore gravissimo che va evitato.
Sempre più attenzione viene posta al peso della gestante in modo che non si appesantisca eccessivamente durante i movi mesi.
Attenzione va soprattutto posta al tipo di alimenti introdotti in modo da scongiurare possibili carenze nutrizionali sia per la gestante che per il nascituro.

Alimenti da preferire
- Frutta e verdura: fonte indiscussa di vitamine, minerali e fibre. L’obiettivo ideale sarebbe quello di mangiarne cinque o più porzioni al giorno, privilegiando la verdura per evitare un’eccessiva assunzione di zuccheri. 
- Carboidrati come pane, riso, patate, pasta e altri farinacei devono rappresentare la frazione energetica più importante di ogni pasto, da preferire quelli integrali ai raffinati..
- Le proteine devono essere reperiti da fonti di cui è nota la filiera di provenienza: via libera quindi a pesce, legumi, uova, semi, carne da tagli magri. 
- Noci, semi e legumi sono inoltre buone fonti di ferro, un minerale particolarmente prezioso in gravidanza.
- Latte e latticini rappresentano un’ottima fonte di calcio, l’ideale per la donna in gravidanza sarebbe di consumarne circa 3 porzioni al giorno, scegliendo prodotti magri, a basso contenuto di grassi. Oltre ai prodotti lattiero-caseari, costituiscono una valida fonte di calcio alcuno tipi di acqua, frutta secca a guscio e rucola.

Gli alimenti ricchi di grassi, oli e zucchero, sale (anche presenti in modo occulto) vanno drasticamente limitati per ridurre il rischio di aumentare eccessivamente di peso e/o sviluppare diabete gestazionale o preeclampsia (nel caso di eccessivo consumo di sale)

Ulteriori fabbisogni da rispettare
- Una donna in età fertile che preveda o non escluda una gravidanza dovrebbe sempre e comunque almeno nei 3 mesi precedenti un possibile concepimento, assumere almeno 0,4 mg/die di acido folico. Una gestante ha bisogno di una quantità doppia di acido folico rispetto ad una non gestante, perché la vitamina è coinvolta nella fase iniziale della sintesi degli acidi nucleici, molto intensa a causa dell’elevato ritmo di replicazione cellulare, oltre che alla corretta formazione del tubo neurale.
Sono alimenti particolarmente ricchi di acido folico: verdure a foglia verde (spinaci, broccoli, asparagi, lattuga), legumi (soprattutto fagioli, piselli), frutta (sopratutto kiwi, fragole e arance), frutta secca a guscio fegato e altre frattaglie, alcuni formaggi (soprattutto brie e camembert), uova, lievito, germe di grano.

- In gravidanza aumenta anche il fabbisogno di vitamina D, che svolge un ruolo chiave nel corretto assorbimento del calcio. La vitamina D non è molto comune nei cibi e per raggiungere livelli ematici soddisfacenti di questa vitamina è importante, senza esagerare, anche l’esposizione alla luce solare per permettere l’attivazione nella produzione della vitamina anche a livello cutaneo.
- Il fabbisogno di ferro in gravidanza risulta fortemente aumentato perché, oltre alle necessità materne, il ferro serve al feto per la formazione di emoglobina e mioglobina e per la costituzione di un deposito epatico di ferro; tale riserva, infatti, sarà utilizzata durante la vita neonatale per compensare la bassa concentrazione di ferro nel latte materno. Per la gestante si raccomanda un introito giornaliero pari a 30 mg di ferro.
- Gli acidi grassi omega 3 (reperibili nella frutta secca a guscio) non devono mai mancare in gravidanza; rappresentano infatti un valido spuntino non solo capace di contrastare gli improvvisi attacchi di fame, ma essenziale per garantire il corretto sviluppo neuronale del nascituro e il benessere spicofisico della neo mamma. 
- L’olio extravergine d’oliva è il condimento per eccellenza e va preferito a quello di semi o ad altri grassi come burro e margarina, il cui consumo va comunque limitato.
- Poichè è molto frequente che in gravidanza si presenti stipsi, la neo mamma dovrebbe cercare di mangiare molte fibre, cercando di avvicinarsi quindi alla quota raccomandata di circa 30-35 g di fibre al giorno. Un simile introito è raggiungibile solo attraverso il consumo costante ed equilibrato di cereali integrali, ortaggi, legumi, verdura, frutta fresca, ma anche fibra solubile come psyllium.
- Non dimentichiamo il consumo di acqua, il cui fabbisogno aumenta durante la gravidanza. L’acqua contribuisce inoltre a prevenire la costipazione, le emorroidi, il gonfiore eccessivo e le infezioni delle vie urinarie.

lunedì 23 luglio 2018

Sorbetti estivi


Cosa c’è di meglio in estate di un bel sorbetto? Ancor meglio se artigianale o home made!
 Il sorbetto solitamente viene servito a metà pasto, per predisporre lo stomaco ad accogliere le successive pietanze, o per preparare la bocca alla portata successiva, ma sempre più spesso lo troviamo a chiusura di pasto o come fresca merenda.
Approfittiamo quindi della frutta che la stagione ci regala per realizzare un ottimo sorbetto fatto in casa facendoci aiutare da una gelatiera oppure da un semplice robot da cucina.
Non tutti sanno che il sorbetto ha origini antichissime: più delicato dalla granita, ma dalla consistenza simile al gelato, questo fresco dessert era già conosciuto ai tempi dei romani; furono poi gli Arabi ad imparare ad utilizzare la neve mista al sale marino per mantenere bassa la temperatura del sorbetto nel corso della lavorazione. Fu poi di nuovo grazie ad un italiano, un pescatore di Aci Trezza, che nacque la gelateria. Il nipote del pescatore (Francesco Procopio dei Coltelli) portò poi nel XVII secolo l’invenzione a Parigi, dando origine al primo caffè d’Europa, “Le Procope” appunto!

Sorbetto al limone (senza gelatiera)  

Ingredienti
500 ml di acqua
180 ml di succo di limone
200 g di zucchero
½ limone (la buccia)

Procedimento
Taglia a metà i limoni e rimuovi la polpa facendo attenzione a non intaccare la parte bianca che risulterebbe amara; usa come coppette per il sorbetto le metà svuotate dei limoni.
Versa in un pentolino lo zucchero e l’acqua e fai sciogliere il tutto a fiamma bassissima; quando il composto sarà freddo, aggiungi il succo di limone e la scorza grattugiata.
Versa il composto ottenuto nei contenitori per il ghiaccio e lascia consolidare per 12 ore nel freezer, assieme ai limoni svuotati.
Rimuovi i cubetti al limone dal freezer e mettili in un frullatore da cucina; procedi tritandoli finemente. A questo punto disponi la mousse di limone così ottenuta all’interno dei limoni svuotati. Servi il tutto a fine pasto.

Sorbetto al mango (con albume)   

Ingredienti
300 g di polpa di mango
200 g di zucchero
250 ml di acqua
1 limone
1 albume

Procedimento
Fai sciogliere a fuoco lento lo zucchero nell’acqua in un pentolino e lascia raffreddare il composto ottenuto. Frulla la polpa di mango con una parte dello sciroppo di zucchero e il succo di limone, quindi unisci questa miscela al resto dello sciroppo di acqua e zucchero e metti tutto nel freezer per rassodare. Quando il composto inizierà a rapprendersi, unisci l’albume montato a neve e disponi di nuovo in freezer per altre due ore prima di servire.

Sorbetto alle fragole (con gelatiera)   

Ingredienti
350 g di zucchero
350 ml di acqua
500 g di fragole
2 limoni
1 albume

Procedimento
Versa in un pentolino lo zucchero e l’acqua, per ottenere a fiamma bassissima uno sciroppo, quindi fallo freddare. Unisci allo sciroppo, il succo dei limoni e le fragole, precedentemente passate al setaccio o frullate con il mixer, per ottenere una purea.
Monta a neve fermissima l’albume, quindi incorporalo al composto, versa il tutto nella gelatiera. Quando il sorbetto sarà pronto, decoralo con foglie di menta fresca e servilo.

Sorbetto di carote al Marsala    

Ingredienti
300 gr carote
120 gr zucchero a velo o di canna
4 cucchiai Marsala D.O.C
1 albume
50 gr mandorle dolci tritate e tostate

Procedimento
Lava e pela le carote; cuocile al vapore o grattugiale finemente.
Mette dentro un robot da cucina carote, zucchero, marsala, albume e frulla il tutto fino ad ottenere un composto cremoso. Lascia il tutto in freezer per 3 ore. Al momento di servire, frulla di nuovo il composto ghiacciato. Versa il sorbetto dentro bicchieri alti a stelo, guarnisci con le mandorle tritate.

Sorbetto di pomodoro (con gelatiera)     

Ingredienti
6-8 pomodori maturi
succo di limone
2 cucchiai di zucchero per ogni pomodoro
q.b. erba cipollina
q.b. peperoncino
q.b. zenzero grattugiato
foglie di menta opp foglie di basilico
q.b. sale

Procedimento
Scotta per qualche minuto i pomodori così da poterli spelare, dopo di che frullali assieme al succo di limone, erba cipollina, peperoncino, sale e zenzero. Metti il composto in una gelatiera fino ad ottenere una consistenza morbida. Servi il tutto aggiungendo qualche foglia di menta o di basilico per guarnire.


Sorbetto al caffè     

Ingredienti
300 gr zucchero
300 ml caffè
450 ml acqua
150 ml panna montata

Procedimento
Fai bollire acqua e zucchero, poi unisci il caffè ristretto. Una volta che il tutto si sarà raffreddato, aggiungi la panna non montata. Trasfersci il tutto per 2 ore in frigorifero dopo di che passalo in l freezer; durante il processo di congelamento frulla il composto almeno 3 volte (circa ogni ora) per impedire che diventi completamente ghiacciato. Frullalo ancora una volta prima di servirlo.


Sorbetto alla frutta      

Ingredienti
400 gr frutta di stagiione
50 gr zucchero
1 limone
½ bicchiere acqua
8 - 12 cubetti ghiaccio


Procedimento
Prepara uno sciroppo con il succo del limone e versalo in una casseruola con lo zucchero e l'acqua. Appena sciolto lo zucchero, lascialo raffreddare. Lava bene i frutti, avendo l’accortezza di lasciarne una piccola parte per la decorazione. Metti i frutti dentro una ciotola e versaci sopra lo sciroppo al limone. Lascia riposare il tutto per 30 minuti. Metti il contenuto della ciotola dentro un frullatore assieme ai cubetti di ghiaccio e frulla il tutto finemente. Servi dentro dei calici alti, guarnendo con la frutta che avevi lasciato da parte.

lunedì 18 giugno 2018

INTOLLERANZA ALL'ISTAMINA


L'istamina è un “mediatore chimico” responsabile di risposte allergiche e immunitarie. La produzione endogena avviene a partire dall'aminoacido istidina; l'istamina è presente però anche naturalmente in numerosi alimenti.

Perchè l'istamina possa essere presente negli alimenti, è necessaria la presenza di aminoacidi liberi, microrganismi, batteri e condizioni che ne consentano la crescita e la trasformazione; alte concentrazioni di istamina si trovano principalmente nei prodotti della fermentazione microbica quali formaggi fermentati, carni in scatola, vino, birra, pesce fresco che non è stato conservato alle temperature idonee.


In un organismo sano, l’istamina prodotta attraverso normali processi fisiologici a livello endogeno o introdotta attraverso i cibi, viene degradata velocemente dalla diaminossidasi (DAO), un enzima presente a livello dell'intestino tenue, al fine di evitarne l'assorbimento e il manifestarsi delle tipiche risposte allergiche.
Se il soggetto presenta un sistema digestivo compromesso perchè affetto da intestino irritabile, disbiosi intestinale, squilibri a carico della flora batterica intestinale o deficit di DAO, andrà in contro alla presenza di elevati livelli di istamina nell'intestino tenue che poi si riverserà nel sangue provocando la comparsa di sintomi che possono facilmente essere scambiati per reazioni allergiche.

I quattro parametri da tenere sotto controllo sono quindi:
- Il livello di istamina assunta dall’organismo: non solo attraverso il cibo, ma anche attraverso l’ambiente e le piante che ci circondano
- Il livello di istamina prodotta dai batteri intestinali a partire dall’istidina
- Il livello di istamina rilasciato dai mastociti in risposta ad allergeni con cui l’organismo entra in contatto
- Il tasso di degradazione enzimatica da parte della DAO, se i suoi livelli sono troppo bassi non risultano sufficienti a degradare tutta l’istamina

L’eccesso di istamina si traduce in numerose manifestazioni anche molto diverse fra loro:



- disturbi a carico dell’intestino e del sistema digestivo come sindrome dell’intestino irritabile, gonfiore, diarrea, stitichezza (meno comune), dolori e bruciori allo stomaco, dolori addominali, nausea, vomito, reflusso acido, pesantezza di stomaco, crampi o flatulenza

- sintomi legati alla pelle come eruzioni cutanee, orticaria, psoriasi, eczemi, acne o brufoli, rosacea o arrossamenti cutanei, prurito (anche oculare), infiammazione della pelle, orticaria


- disturbi legati all’apparato respiratorio come congestione, asma, irritazioni e costipazione della mucosa nasale, starnuti , tosse cronica, rinite, asma, difficoltà respiratorie
- sintomi a carico del sistema cardio-circolatorio come aritmia, tachicardia, collassi circolatori, ipotensione, ipertensione, brividi, vertigini, palpitazioni, vertigini
- disagio a carattere psicologico come stati di ansia, stress, depressione, squilibri dell’umore, irritabilità, mancanza di concentrazione

- ulteriori manifestazioni come: mal di testa, fibromialgia, lacrimazione, affaticamento, problemi di sonno, edema (spesso interno a occhi, bocca e gola).

I disturbi solitamente compaiono circa 45 minuti dopo l'assunzione di alimenti contenenti istamina e scompaiono dopo un lasso di tempo variabile da soggetto a soggetto.

Il contenuto di istamina è variabile all'interno dello stesso tipo di alimento, quindi spesso accade che anche ingerendo lo stesso alimento la sintomatologia può verificarsi come non. Sicuramente il consumo combinato e ripetuto di alimenti ad elevato tenore di istamina, può condurre alla comparsa di sintomi molto accentuati.

Nei soggetti con dermatite atopica e in soggetti che soffrono di mal di testa, l'istamina presente negli alimenti provoca un peggioramento dei sintomi stessi.

Contrariamente ad un'allergia alimentare, l'intolleranza all'istamina non interessa il sistema immunitario, per tanto non è riscontrabile per mezzo di un classico test allergologico.

Anche sostanze come la tiramina (ammina derivante dall'aminoacido tiroxina), la caffeina, la solanina, la teobromina, la serotonina ecc...possono provocare reazioni simili all'istamina.

L'unico accorgimento praticabile è l'attenzione alimentare verso l'esclusione dalla dieta di alimenti ricchi di istamina o istamino-liberatori: in questo ultimo caso si tratta di alimenti che sono di per se privi di questo aminoacido a che sono comunque in grado di stimolare la liberazione di istamina da parte dell’organismo. Si raccomanda per tanto di ridurre al minimo gli alimenti ricchi di istamina e quelli amino liberatori assumendoli quindi in piccole quantità, bassa frequenza e non in associazione.

ALIMENTI NON CONSENTITI

Va precisato che al fine di evitare carenze nutrizionali, è opportuno non eliminare completamente tali alimenti e che anche una astensione totale protratta a lungo è sconsigliata.

Alimenti ricchi di istamina
Pomodori, crauti, spinaci, conserve, Ketchup, salsa di soia, pesce in scatola (conservati, marinati, salati o essiccati quali sardine, tonno, sgombro, acciughe, aringhe), pesce affumicato (come aringa, salmone..), crostacei e frutti di mare, salsicce, salame, carne secca, prosciutto affumicato, mortadella, formaggi fermentati e stagionati, alcolici, vino, birra, aceto di vino, lievito.

Alimenti istamino-liberatori
Cioccolato/cacao, fragola, banana, ananas, papaya, agrumi (arance, pompelmi…), kiwi, lampone, pera, avocado, molluschi e crostacei, noci, nocciole, mandorle e anacardi, albume d’uovo, carne di maiale, caffè.


ALIMENTI CONSENTITI E CONSIGLIATI

- Carne e pollame freschi o surgelati scelte nelle parti più magre e private del grasso visibile
- Pesci freschi o surgelati, come il merluzzo, la trota ecc. La conservazione dei pesci a basse temperature è in grado di rallentare in misura consistente la sintesi di istamina batterica
- tuorlo d’uovo
- Formaggi freschi, ricotta e altri latticini, come latte, yogurt ecc...
- Frutta fresca come mele, pesche, albicocche, meloni, cachi ecc. Escludendo quella non consentita
- Verdura a foglia larga (lattuga, cicoria…), carote, cavolfiore, zucchine, cetrioli, broccoli, preferibilmente fresca, cruda o cotta. Escludendo quella non consentita
- Cereali preferibilmente quelli integrali
- Olio extravergine di oliva da impiegare a crudo nella giusta quantità per condire gli alimenti
- succhi di frutta privi di acido citrico
- tè a base di erbe
.- Aceto di mele o limone per condire
- Consumare almeno 2 Litri di liquidi al giorno preferendo acqua oligominerale naturale

CONSIGLI COMPORTAMENTALI

- Evitare l’esposizione al caldo eccessivo
- Evitare stress emotivi
- Smettere di fumare
- Rendere lo stile di vita più attivo cercando di abbandonare la sedentarietà
- Alcuni farmaci, soprattutto se assunti per lunghi periodi, possono inibire l’azione degli enzimi detossificanti l’istamina a livello intestinale e se associati a cibi ricchi di istamina portare a intolleranza all’istamina
- Durante la gravidanza a causa di una maggiore presenza dell'enzima diaminossidasi, secreto dalla placenta, può verificarsi una remissione della sintomatologia da intolleranza all'istamina


PROBIOTICI un importante aiuto 

Oltre a prestare attenzione agli alimenti introdotti, è fondamentale rinforzare l’intestino mediante l’assunzione di probiotici adeguati. Un intestino ben funzionante è in grado di sopperire anche alla nuova introduzione di alimenti contenenti istamina o istamino liberatori.

TEST di dosaggio attività della Diaminossidasi (DAO)

La determinazione dell’attività di questo enzima, è utile per individuare un efficace trattamento preventivo con un conseguente miglioramento della qualità di vita del paziente.
Attraverso un semplice prelievo ematico è possibile determinare l'attività dell'enzima DAO mediante una tecnica immunoenzimatica.