martedì 14 luglio 2015

Olio di palma: i prodotti virtuosi PRIVI di questo ingrediente





L’argomento olio di palma ha puntato recentemente su di se i riflettori per il suo discutibile smisurato uso in campo alimentare.
E’ d’obbligo premettere che ad oggi sappiamo che il suo consumo eccessivo risulta essere nocivo, ma non ci sono prove certe che lo correlano a cancerogenicità.
Un articolo del 2014 uscito su The American Journal of Clinical Nutrition, aveva evidenziato che il consumo abituale di olio di palma faceva aumentare in modo significativo la concentrazione di grassi nel sangue; inoltre il rapporto tra colesterolo cattivo (LDL) e buono ( HDL) aumentava a discapito dei livelli di colesterolo buono. D'altro canto in letteratura sono riportati anche studi che pongono alcuni dubbi sulla reale correlazione tra grassi saturi e livello di colesterolo nel sangue facendo sempre più pensare che sia in effetti l'eccessivo consumo a determinarne la pericolosità.
E’ inoltre importante sottolineare che l’olio di palma viene spesso utilizzato in forma esterificata dalle aziende alimentari e questa modifica peggiora il profilo lipidico favorendo il danno cardiovascolare; in un lavoro pubblicato su Lipids nel 2014, si associa il consumo di acido palmitico all’incremento di sostanze infiammatorie circolanti nel sangue favorendo lo sviluppo di varie patologie come le cardiovascolari, l’aterosclerosi, il diabete e anche alcuni tumori.




La storia dell’impiego dell’olio di palma in campo alimentare è cominciato a partire dagli anni Settanta, quando l’industria ha cercato soluzioni per ridurre i costi di produzione cominciando ad introdurre questo componente alimentare nel pane, nelle merendine e nei biscotti al posto del burro (grasso animale ricco di acidi grasso saturi ), non tenendo presente che anche esso è ricco di grassi saturi! Piano piano quindi le ricette e il gusto degli alimenti è così gradualmente cambiato senza che l’utente se ne accorgesse.
I nuovi prodotti risultavano a quel punto più morbidi, più umidi a causa del fatto che l’olio di palma, essendo un grasso non idrogenato si trovava allo stato liquido; ciò ha determinato la necessità di introdurre nei processi industriali il processo chimico di idrogenazione per farlo passare dallo stato liquido a quello solido. E’ proprio il processo di idrogenazione che promuove il cambiamento dei legami chimici dalla forma cis alla forma trans, responsabile dell’ innalzamento del colesterolo LDL e della parallela diminuzione del colesterolo HDL.
In base a quanto riportato sarebbe saggio provare a cambiare la propria alimentazione cercando di favorire quegli alimenti che si collocano come virtuosi in quanto sono privi di tali sostanza, senza dimenticare che nulla è di per se dannoso in senso assoluto se assunto con moderazione e all'interno di una dieta equilibrata e bilanciata.
Molti non sano però che l’olio di palma non solo è presenti in moltissimi cibi, ma ne sono particolarmente ricchi i cibi deputati all’infanzia, il che crea un discreto paradosso a ben pensarci.

A tal proposito riporto qui di seguito alcune liste di alimenti “VIRTUOSI” in modo da guidare verso acquisti alimentari corretti.



Lista delle merendine e biscotti SENZA olio di palma 


Muffin 

o Bononia Dolci
o PamTortini e tortine senza olio di palma
o Le tortine con ciliegia e mirtilllo, e quelle latte e cioccolato della Coop (linea Club 4-10)
o I tortini da agricoltura biologica firmati Esselunga
o Il tortino al limone farro e quello allo yogurt Kamut della General Bio
o I tortini di farro alla carota del brand La città del sole
o I tortini biologici Pam.
o Tortine con ciliegio e mirtillo Misura
o Le Camille Mulino Bianco
o Tortine Piacersi con frutti di bosco e yogurt, della Conad

Plum cake 

o Bononia
o Coop
o Esselunga
o I BuoniCosì di Galbusera
o I plum cake Probio della linea Break&bio ( farro cake e farro cake al cioccolato)
o I plumcake senza glutine Zerograno

Merendine al cioccolato e creme di cacao 

o Crema spalmabile alle nocciole e al cioccolato Novi
o Crema di cacao e nocciole biologica, Rigoni di Asiago
o La barretta al cioccolato fondente e quella al cioccolato al latte prodotto da CerealFit
o Le merende bio cioccolato e riso del marchio La città del Sole.
o Crema di nocciole e cacao Galamella
o Crema Gianduia Nero, Pernigotti
o Crema spalmabile a base di cacao e nocciole, Venchi
o Crema Nocciola, Lindt
o Crema Gianduia Caffarel

Snack e altre merendine 

o Il Paine d’èpices, del marchio Cèrèal
o Le merendine Brioss della Ferrero, all’albicocca e alla ciliegia
o I minicake biologici Ki-group
o Tutti i prodotti Loacker
o Il Pan Brioscè e i Panini al Latte prodotto della linea Mulino Bianco
o I Müsli Snack della Rapunzel
o Lo snack 2 ore senza fame della Rilevo
o La crostata di confettura alla fragola Banco del gusto
o Minigrissini HappiVi della Vitavigor
o Cracker Magretti e al mais della Galbusera
o Pan goccioli, della Mulino Bianco
o Taralli lunghi di Barletta, Terre d’Italia

Pancarrè e fette biscottate 


o Fette biscottate al Kamut di Germinal
o Pane ai 5 cereali, Conad
o PanFiocco e pane integrale della Roberto
o Fette biscottate classiche Gentilini
o Panini al cioccolato Nuvolette della Morato
o Fette biscottate Panmonviso, linea iposodica
o Panetti ai grani antichi italiani Novalesi
o Pan Bauletto ai cereali e soia, Mulino Bianco
Biscotti

o Biscotti Osvego, Marie e Novellini della Gentilini
o Biscotti Pavesini classici e al caffè
o I biscotti ColCuore prodotti da Galbusera
o Frollini di Kamut con gocce di cioccolato e biscotti yogurt e miele Alce Nero
o Il choco biscuits marcato Tutti in forno
o Mix di cerali croccanti e riccioli di cioccolato, Gran Cereali
o I Biscocereali croccanti al cioccolato Nutri Grain della Kellogg’s
o Tris, Frollini al latte prodotti dall’azienda Galameo
o Dama, Frollini al latte e al cacao Galameo
o Nomi, cose, città. Frollini al cacao Galameo
o Frollini integrali Viviverde, Coop
o Biscotti Doemi all’olio extravergine di oliva
o Biscotti Latte Maremma
o Frolletti integrali di Forno Battistini
o Frollini integrali con farina di farro, Conad.
o Frollini di kamut e frumento Biointegral – Sottolestelle
o Frollini ai mirtilli – VitAvena
o Biscotti “Gojino Bio” con avena di bacche di goji – Fior di Loto
o Stelline di cereali al cacao Club 4-10 – Coop
o Frollini di grano sareceno con gocce di cioccolato fondente – Esselunga
o Biscotto biologico – Humana
o Savoiardi – Dolciando
o Biscotti senza zuccheri aggiunti – Corsini
o Biscotti Kamut – SarchioBiscotti “cioccolosi”- Sarchio
o Biscotti di farina di soia “Come fatti in casa” – Di Leo
o Biscotti Gusto Energetico, con farina di riso e cacao – Di Leo
o Frollini con farina di riso e cacao, Conad.

Prodotti per l'infanzia SENZA olio di palma 


Latte liquido e latte in polvere 

o Latte in polvere per lattanti e latte in polvere di proseguimento – Crescendo Coop;
o Latte per la crescita biologico – Crescendo Coop;
o Risolac in polvere - Plasmon (dalla nascita al sesto mese di vita)
o Latte di asina in polvere biologico per lo svezzamento – Biomilkey
o Latte crescita Aptamil 3 liquido
o Latte Aptamil 3 soya
o Latte Superpremium 1 – Bimbosan (dalla nascita)
o Latte Super Premium 2 - Bimbosan (dopo 6 mesi fino a 3 anni)
o Latte crescita 3 liquido – Mellin (dai 12 ai 24 mesi);
o Latte crescita 4 liquido – Mellin (24-36 mesi)
o I prodotti della Linea Formulat – Dicofarm
o Latte Crescita – Granarolo


Biscotti prima infanzia 

o Biscotti solubili per l’infanzia biologici – Crescendo Coop
o Biscotti per l’infanzia biologici “Primi anni” – Selex
o Biscotti biologici solubili – Biobimbo
o Biscotti farro biologici Biobimbo
o Biscotti di farro al cacao e biscotti alla vaniglia – BioJunior
o Biscotti di farro per l’infanzia - Alcenero
o Biscotti biologici – Humana.


Pappe

Per quanto riguarda le pappe pronte a base di verdura, frutta e carne non sembra esserci nessun problema: le maggiori aziende che producono alimenti per la prima infanziautilizzano in genere, per la loro preparazione, olio di colza e olio di girasole


venerdì 3 luglio 2015

ALIMENTARSI BENE QUANDO SI FA SPORT



Allenarsi e fare regolarmente attività fisica permette all’organismo di restare in forma e di mantenersi sano. Occorre però prestare attenzione a non eccedere: l’ Organizzazione Mondiale della Sanità suggerisce che i livelli di attività fisica consigliati sono di almeno 150 minuti (3 ore circa) la settimana per svolgere un’ attività moderata e di 75 minuti per un’ attività intensa, cercando di pianificare l’ attività sportiva 2 volte la settimana.
Quando si svolge una regolare attività fisica, non agonistica, il regime alimentare non deve subire delle variazioni, ma occorre comunque adeguarlo allo sforzo che si andrà a compiere.
E’ importante capire che non ci sono dei cibi “miracolosi” che possono migliorare le prestazioni; al contrario se lo sportivo si alimenta in modo scorretto può peggiorare il proprio rendimento sportivo. Ecco perché è fondamentale avere una dieta varia ed equilibrata sia nell’apporto dei principali nutrienti ( proteine, grassi, carboidrati), sia in vitamine e sali minerali, mangiando di tutto senza fare auto privazioni o imponendosi diete squilibrate (ancora peggio se improvvisate e fai da te).


Vediamo in dettaglio come distribuire i vari nutrienti:

PROTEINE – l’apporto consigliato e’ di 1,1-1,5 g per kg di peso corporeo; se si esegue un’attività agonistica si può arrivare a 1,7 g. L’ eccesso e’ pericoloso e va ad incidere sul corretto funzionamento degli organi emuntori, in particolare modo i reni. Meglio preferire proteine ad alto valore nutrizionale e povere di grazi saturi come yogurt, pesce, legumi.

LIPIDI – l’apporto complessivo ottimale si aggira sul 35-40% delle calorie totali assunte, in età pediatrica, si porta sul 30% per gli adolescenti, fino ad arrivare al 25% negli adulti.Si deve sempre cercare di privilegiare i grassi vegetali, in primis l’ olio extravergine di oliva, su quelli animali ricche di grassi saturi; particolarmente virtuosi sono però gli oli di pesce ricchi di omega 3 che si possono trovare nei pesci azzurri come salmone e sgombro. Ricordiamo che un'ottima fonte di acidi grassi omega 3 è anche tutta la frutta secca a guscio come mandorle, noci, nocciole e nei semi come lino, zucca, chia.

CARBOIDRATI- il contributo dei carboidrati e’ fondamentale per creare le riserve di glicogeno che a livello muscolare impediscono la formazione dell’acido lattico. La loro assunzione però non deve superare il 55-60% dell’ apporto calorico complessivo, per non incorrere in spiacevoli fenomeni di meteorismo, dolori addominali, stipsi/diarrea.

VITAMINE E MINERALI - il bisogno vitaminico dello sportivo e’ uguale a quello di chi non pratica sport, quindi se si segue una dieta bilanciata non occorre far ricorso a beveroni vari con i quali invece è probabile incorrere in fenomeni da sovraccumolo. L’unica reale attenzione va posta al magnesio, un minerale che non sempre è possibile reperire, anche con una alimentazione completa. La sua carenza può portare a crampi muscolari e sbalzi di umore, soprattutto a seguito di uno sforzo molto intenso, e’ sensato assumerlo anche in integratore subito dopo l’allenamento.

BEVANDE-la miglior bevanda, anche per lo sportivo resta l’acqua naturale. Nei periodi di allenamento intenso sono consigliati circa 50 millilitri per kg corporeo; durante l’allenamento e le gare e’ corretto integrare con circa 200 millilitri di acqua ogni 15 minuti da assumere con piccoli sorsi. L’abitudine nel post gara di sciogliere zuccheri in acqua o integratori energetici di varia natura e’ da sconsigliare in quanto ritardano la reidratazione.
 
Per garantire sempre un’ottima prestazione e una corretta salute psicofisica, e’ bene sapere che non tutti i pasti hanno lo stesso tempo di digestione: si passa dalle 2-3 ore per un pasto leggero, fino oltre le 4 per un pasto molto abbondante.
I tempi si allungano tanto più il pasto e’ ricco di grassi, carni grasse e fibre. Quindi prima di mettersi a tavola dobbiamo tenere presente a che ora abbiamo fissato il nostro allenamento.
Nel momento della digestione lo stomaco accentra tutto il sangue necessario per compiere i processi di scissione degli alimenti che sono stati introdotti con il pasto, sottraendo in questo modo energie all’ intero organismo. Per questo motivo e’ importante evitare di andare ad allenarsi nel momento in cui si stanno ancora ultimando i processi di digestione.
Qualche ora prima di praticare sport e’ corretto fare uno spuntino piccolo ma virtuoso che dia energia ma non appesantisca come ad esempio un frutto con dello yogurt o del pane e prosciutto magro/parmigiano; se sei uno sportivo agonista, onde evitare di aver trovarsi in carenza di glicogeno, puoi assumere nel post gara anche un piccolo trancio di crostata o un succo di frutta con maltodestrine

domenica 28 giugno 2015

I "VELENOSI" CIBI DI USO COMUNE

Sembra strano, ma alcuni alimenti comunemente ritenuti salutari e "innocui", comunemente presenti sulle nostre tavole sono in realtà dei veri e propri "veleni".
Quando si pensa ad alimenti pericolosi, la mente spazia dai residui di fitofarmaci comunemente presenti in frutta e verdura, ai livelli di ormoni e antibiotici contenuti in molte carni, alle frodi alimentari di vario tipo, fino anche alle micotossine contaminanti derrate agricole, semilavorati e lavorati di vario genere. 
Questi alimenti che in tono provocatorio ho chiamato "velenosi" fra cui compaiono: arance, patate, basilico, ecc... sono ricchi di principi nutritivi come zuccheri, proteine, grassi, vitamine, sali minerali e anti ossidanti. 

Vediamo nel dettaglio alcuni di essi.


Succo d'arancia - le arance sono frutti particolarmente ricchi in vitamina C, antociani, flavonoidi, polifenoli, acidi idrossicinnamici, betacriptoxantina ( un carotenoide dai forti poteri antitumorali). Grazie all'alta concentrazione di vitamina C e antiossidanti, le arance stimolano il sistema immunitario; le fibre in esse presenti coadiuvano i processi digestivi; il potassio permette inoltre di stabilizzare la pressione sanguigna e rinforza il sistema scheletrico.
Oltre a tutte questi virtuosi nutrienti è però anche ricca di limonene: sostanza comunemente impiegata dalle piante come insetticida naturale che dona agli agrumi in genere il tipico odore.



Basilicopianta molto impiegata nell’area del Mediterraneo dove cresce in molte varietà. E’ impiegato soprattutto per dare sapore ai piatti come condimento; va detto che però contiene metileugenolo soprattutto a livello delle foglie. Tale sostanza, che in natura serve alla pianta per difendersi da attacchi di parassiti, da studi sui topi ha dimostrato avere effetto tumorigenico. Vale la pena precisare il metileugenolo e’ quasi assente nelle piante adulte (piante alte oltre 16 cm). 


Funghi – sono delle preziose fonti di sali minerali, soprattutto selenio, potassio, ferro e rame, oltre che di vitamine del gruppo B; assieme a queste virtuose sostanze però contengono idrazine che nelle cavie di laboratorio ha mostrato l’evidenza di avere un’azione cancerogeni ca se assunta in grandi quantità. Si consiglia quindi l’ingestione solo a seguito di cottura o ossidazione, procedimenti che permettono di degradare l’idrazina. 




Pomodori – questo virtuoso frutto ricco di vitamina C, B1, B2, PP, B carotene, fosforo, potassio, sodio, ferro, calcio e licopene contiene anche tomatina. Si tratta di un glicoalcaloide coinvolto nella difesa della pianta contro insetti e patogeni vari, fungendo da antibiotico vegetale.






Patatetubero dalle preziose virtù nutrizionali che però contiene la solanina un alcaloide glicosidico che per la pianta fu de da difesa contro l’attacco degli insetti. Si trova soprattutto presente nella buccia ed essendo termoresistente (quindi anche alle alte temperature della frittura), rende questo alimento meno virtuoso se consumato. La solanina si trova soprattutto nelle patate immature, quindi colte troppo precocemente ( come le novelle) e parimenti in quelle “ vecchie” ovvero quelle che presentano la buccia raggrinzita.


A tutto questo vanno aggiunte tutte quelle distanze che si possono trovare naturalmente in alcuni vegetali come bietola, spinaci, insalata; ma anche in acque minerali naturali. Senza contare che gli additivi comunemente impiegati sui derivati della carne a scopo antibatterico, o come esaltatori di colore e sapidità.

La regola generale deve essere sempre quella di affidarsi al buon senso generale che prevede di consumare tutto ma in dosi moderate, così facendo introduciamo quotidianamente piccole sostanze potenzialmente tossiche ma che il nostro sistema immunitario e’in grado di combattere. In tal modo i potenziali rischi derivati dagli alimenti che ingeriamo verranno ridotti al minimo, tenuto conto che spesso e’ proprio la dose a rendere “tossica” una determinata sostanza e non questa in quanto tale.
E’ anche bene sottolineare il fatto che i cibi “biologici” spesso vengono i tesi come “più naturali”,in realtà dal momento che in essi risiedono concentrazioni maggiori di vitamine e antiossidanti, e’ altrettanto presumibile che presentino un maggior quantitativo di sostanze non propriamente salutari.

lunedì 13 aprile 2015

STEVIA, sai a cosa serve?



Quando si parla di Stevia è bene fare chiarezza: il genere Stevia appartiene alla famiglia delle Asteracee che comprende oltre 300 specie. La Stevia rebaudiana Bertoni è la più nota del genere.
Le conoscenze relative a questa pianta hanno origini antichissime: in Brasile, Sud America e Paraguai veniva impiegata fino da Precolombiano per dolcificare alimenti e bevande.
Questa pianta si è guadagnata l’appellativo di “erba dolce” grazie al fatto che le sue foglie sono ricche di glucosidi; in particolare: stevioside, rebaudioside A, rebaudioside B, rebaudioside C e dulcoside A che le conferiscono un potere dolcificante fino a 320 volte superiore rispetto al saccarosio. Il contenuto di questi glicosidi è variabile in relazione alla cultivar e alle modalità di coltivazione che dipendono essenzialmente dal tipo di terreno, il tipo di irrigazione impiegato e le condizioni climatiche.
Oltre ai glicosidi citati, la pianta si compone anche di proteine, lipidi, sterili, flavonoidi, terpeni, composti volatili, pigmenti e gomme.

È un alimento sicuro?
In Europa l’impiego di Stevia nei prodotti alimentari è stato fonte di numerosi dibattiti che ne hanno sancito l'iniziale divieto, a causa della presunta cancerogenicità di alcuni suoi componenti, e la successiva approvazione.
Negli Usa la DFA (Food and Drug Administration) aveva proibito l’uso di Stevia e di alimenti che la contenessero fino dal 1990. Sotto la pressione dei produttori nel 1995 fu autorizzata la vendita di Stevia come complemento alimentare, ma la commercializzazione come dolcificante rimane vietata.
Nel giugno 1999 la Commissione Europea vietò l’uso dello stevioside come edulcorante basandosi su una mancanza di dati scientifici inerenti al corretto uso della pianta; successivamente il 22 febbraio 2000, la stessa Commissione respinse la richiesta di autorizzazione all’immissione sul mercato di Stevia sia come alimento che come ingrediente alimentare, in virtù della normativa CE 258/7 sugli alimenti. Solo nel 2011 l'Unione Europea approva l’utilizzo dei glicosidi steviolici come dolcificanti. 
In Cina vengono prodotte elevate quantità di Stevia, che per la maggior parte vengono esportate, mentre l’uso locale resta limitato unicamente come dolcificante nelle bevande.
Attualmente è possibile trovare Stevia come dolcificante in caramelle, gomme da masticare, alcuni yogurt e gelati, se ne possono trovare tracce in te, sidro, alimenti secchi, cereali, dentifrici e collutori. Viene principalmente impiegata nella produzione di diet coke e soft drink, nelle barrette snellenti, sciroppi e prodotti farmaceutici.


Potenzialità terapeutiche dello stevioside 
Attualmente lo stevioside viene spesso utilizzato nei pazienti diabetici come sostituto del glucosio, sfruttando il suo elevato potere dolcificante.
Studi condotti su questi soggetti ha portato alla luce che il rebaudioside A possiede azione insulinotropica importante che potrebbe essere utilizzata nel trattamento del diabete di tipi 2.
Studi effettuati sia sull’uomo che su animali, hanno dimostrato che lo stevioside e gli estratti di Stevia determinano un abbassamento dei valori della pressione arteriosa stimolando la vasodilatazione e la diuresi. Numerose evidenze sia in vivo che in vitro, hanno inoltre dimostrato che lo stevioside possiede inoltre un effetto anti infiammatorio.

mercoledì 1 aprile 2015

Psoriasi:nuovi approcci incentrati sulla nutrizione oltre che la cura del corpo

La psoriasi è una patologia autoimmune che porta al manifestare sull’epidermide placche secche e squamose che nascondono una cute rossa ed infiammata; tale patologia ha decorso stagionale in quanto peggiora in inverno e pare migliorare in estate.
Solitamente le placche si manifestano in zone specifiche del corpo: gomiti, ginocchia, parte lombare e sacrale della schiena, cuoio capelluto, palmi delle mani, pianta dei piedi, bordi delle unghie.
In queste zone localizzate, e non in altre, si ha una accelerata proliferazione delle cellule epidermiche con un ricambio ogni 4 giorni anziché 28.




L’eziologia della patologia è al momento ignota, anche se si riscontra una certa predisposizione ereditaria; i principali fattori scatenanti sappiamo essere legati a stress, traumi emotivi e accumulo di tossine a livello intestinale.

Approccio terapeutico

Sovente la terapia che viene prescritta per questa patologia è legata alla sintomatologia e alla sua gravità; si tratta di terapie locali, spesso ad uso topico, che vanno ad attenuare il sintomo senza però risolverne la causa originaria.
Poiché si tratta di una patologia in cui la carica stressogena ed emotiva giocano un ruolo determinante, è indispensabile riuscire a ridurre ed espellere l’eccesso di tossine con cui inevitabilmente entriamo in contatto quotidianamente. La quantità delle tossine che introduciamo dipendono strettamente sia dagli alimenti di cui ci cibiamo, che dagli stati d’animo che accompagnano la vita di ognuno di noi.

Approccio nutrizionale

Va detto che non esiste una dieta “ad hoc” per la psoriasi o, almeno, non esistono evidenze scientifiche in tal senso; ma resta comunque opportuno per un soggetto affetto da psoriasi, eliminare o limitare il consumo degli alimenti ritenuti “più a rischio”.
Seguire una corretta alimentazione, permette non solo di ridurne la sintomatologia, ma anche di soddisfare tutte le esigenze nutrizionali di base.
La dieta deve essere il più possibile varia ed includere i cibi sani di tutti i gruppi alimentari, come i carboidrati complessi, le proteine e grassi poliinsaluti.
Studi recenti hanno portato all’evidenza che esiste un’ alta incidenza della malattia celiaca nei pazienti con psoriasi, inducendo a pensare che fra le due patologie potesse sussistere un legame, magari una comune base genetica che regola l’attività del sistema immunitario.
Anche se alcuni soggetti affetti da psoriasi hanno riportano un miglioramenti nella patologia, a seguito di una dieta priva di glutine, allo stato attuale non è possibile affermare con certezza che un’alimentazione “gluten-free” arrechi davvero beneficio a tutti i pazienti con psoriasi, ma che in alcuni soggetti predisposti, possa attenuarne le manifestazioni.





Cibi sani:

· Elevato consumo di alimenti ricchi in omega 3 provenienti da pesci grassi ( salmone, tonno, pesce azzurro), da frutta secca a guscio ( mandorle, noci, nocciole), dai semi ( lino, zucca, ecc), ma anche da verdure a foglia verde e dalla soia. I grassi monoinsaturi (come l’acido oleico che prevale nell’olio d’oliva) e i polinsaturi ( omega 3 e omega 6) hanno proprietà anti-infiammatorie e contribuiscono a ridurre il prurito e l’arrossamento causato dalla psoriasi.
· Alimenti ricchi di fibre come i cereali integrali, le lenticchie, i fagioli, il pane integrale, etc.
· Alimenti ricchi di proteine ad alto valore biologico: uova, carne bianca, pesce e prodotti a base di soia e legumi.
· La frutta e la verdura che rappresentano un’ottima fonte di antiossidanti naturali.
· Abbondante acqua che non solo garantisce all’organismo un adeguato livello di idratazione, ma permette il corretto funzionamento degli organi emuntori ( intestino, fegato, reni, polmoni e pelle



Cibi da evitare / ridurre: 

· Ridurre il consumo di cibi affumicati.
· Ridurre il consumo di carne rossa, carni trasformate, pollame scuro, panna, burro e formaggi molto grassi, olio di palma e di cocco.
· Ridurre il consumo di prodotti confezionati e trasformati
· Evitare i carboidrati raffinati, come pane, pasta e snack che contengono elevate quantità di farina arricchita e / o zuccheri aggiunti.
· Eliminare le bevande alcoliche e i prodotti preparati con esso.
· Eliminare gli alimenti che sono ad alto contenuto di grassi e zuccheri.

Alimentazione e depurazione dallo stress

Una sana alimentazione deve essere accompagnata dalla cura degli organi emuntori.
Attenzione va prestata quindi ad intestino, fegato, reni e pelle.

· Migliorare la funzionalità intestinale stimolando la peristalsi e favorendo l'evacuazione, permette di limitare il ristagno di scorie e di ripristinare la flora intestinale L’assunzione ciclica di pro e pre biotici permetterebbe di ottenere tali risultati in modo più veloce ed efficace.
· Aumentare l’introito di acqua e ridurre il consumo di fritture, sughi e prodotti da forno e pasticceria, permette di mantenere in efficienza fegato e reni. In questo caso potrebbe essere utile assumere con regolarità tisane a base di erbe digestive e depuranti.
· Utilizzare detergenti delicati e creme a base di vitamina E, permetterebbe di ristabilire il corretto film idrolipidico della cute e ridurre la secchezza nei punti dove avviene la desquamazione.
· Applicare la floriterapia mediante l’utilizzo di fiori di Bach, potrebbe aiutare a combattere lo stress e a superare meglio gli stati di ansia. Si potenzia in tal modo anche il sistema immunitario, stimolando quella che viene definita la capacità di autoguarigione del corpo.







giovedì 19 marzo 2015

Una nuova fonte di omega 3? Prova l’olio di Krill


Per Krill si intendono piccoli invertebrati marini appartenenti alla specie Euphasia che vanno a costituire lo zooplancton antartico, rappresentando la maggior fonte alimentare di balene, pesce azzurro e uccelli acquatici presenti nelle zone polari.
La sopravvivenza di questi piccoli crostacei a climi tanto rigidi è permessa dalla presenza di una membrana biologica costituita essenzialmente di fosfolipidi ricchi di acidi grassi polinsaturi a catena lunga (PUFA).
L’olio estratto da questi invertebrati è di colore rosso scuro, molto viscoso e ricchi di PUFA della serie omega 3 come EPA e DHA.





Recentemente è stato dimostrato che l’olio di Krill possiede delle virtuose proprietà ipolipidemizzanti in grado di contrastare in modo più efficace il rischio cardiovascolare rispetto agli altri oli di pesce. Esso infatti contiene una percentuale totale di EPA e DHA simile a quella presente negli oli di pesce (circa il 30%). Va detto che in proporzione EPA risulta essere più abbondante di DHA nell’olio di Krill, mentre DHA risulta essere maggiormente presente negli oli di pesce. 
Ciò che rende nell’olio di Krill più virtuoso degli oli di pesce è che in quest’ultimo, EPA e DHA si trovane esterificati sotto forma di fosfolipidi e non trigliceridi, come invece accade negli oli di pesce rendendoli quindi più assorbibili a livello intestinale.
In particolare è emerso che un introito di circa 4g/die di PUFA provenienti da olio di Krill, sono in grado di abbassare i livelli ematici relativi ai trigliceridi di circa il 25-30% seppure va sottolineato che tale riduzione è dose-dipendente quindi strettamente legata ad un’assunzione regolare di questo tipo particolare di olio.
Il meccanismo che sta alla base dell’azione ipolipidemizzante esercitata dall’olio di Krill, che getterebbe le basi per ipotizzare terapie di prevenzione contro obesità, dislipidemie e patologie cardiovascolari, sembrerebbe risiedere in una riduzione della sintesi epatica di acidi grassi, trigliceridi, VLDL, oltre che in una regolazione sulla secrezione di trigliceridi.

È importante tenere presente che EPA e DHA possono essere sintetizzati dall’organismo umano solamente in piccole quantità a partire dall’acido alpha linolenico che a sua volta deve essere introdotto con l’alimentazione essendo, come l’acido linolenico, un acido grasso essenziale (EFA).
EPA e DHA sono in grado di influenzare positivamente la funzionalità piastrinica, la pressione arteriosa e, in quanto precursori degli eicosanoidi,esercitano attività anti infiammatoria. Questo virtuoso alimento è anche ricco di molecole antiossidanti come la vitamina A ed E.
Per queste preziose virtù se ne consiglia l’assunzione giornaliera di circa500-1000mg.
Da esperimenti condotti su soggetti di ambo i sessi in sovrappeso, obesi e affetti da dislipidemie, hanno dimostrato che l’olio di Krill è in grado di migliorare il profilo lipidico di questi soggetti in modo più efficace dell’olio di pesce. Il meccanismo molecolare mediante il quale viene esercitata tale azione ipolipidemizzante, parrebbe essere riconducibile ad una modulazione del metabolismo lipidico epatico. L’olio di Krill inibisce infatti la sintesi de novo degli acidi grassi, agendo soprattutto sull’attivazione e sull’espressione delle proteine coinvolte in questo percorso metabolico come il carrier mitocondriale del citrato (CIC) e gli enzimi lipogenici Acetil-CoA carbossilasi (ACC) e acido grasso sintasi (FAS).



Inoltre dallo studio su citato è emerso che la supplementazione con olio di Krill, era in grado di portare ad una riduzione della glicemia a digiuno ed un aumento dei livelli di adiponectina ( citochina ad attività anti-aterogeniche e anti-infiammatorie.
Inoltre l’aggiunta di olio di Krill anche del 2,5% ad una dieta iperlipidica, sembra essere in grado di prevenire in modo efficace l’aumento di peso e l’accumulo di trigliceridi e colesterolo nel fegato e questo non solo per una diretta inibizione della lipossigenasi, ma anche per la stimolazione dell’ossidazione degli acidi grassi.

venerdì 13 marzo 2015

Cosa si sa sulla sideremia?


La sideremia indica i valori di ferro ematico In base ai parametri di riferimento (Uomo: 75-160 microgrammi/decilitro Donna: 60-150 microgrammi/decilitro ), si comincia a parlare di eccesso di ferro ematico quando il ferro accumulato supera i 5 grammi circa.
Molteplici sono le cause scatenanti la condizione di sideremia alta: malattie genetiche (talassemie, emocromatosi), trasfusioni di sangue, assunzione di alcol per lungo periodo, epatite, assunzione prolungata di pillola contraccettiva e di alcuni farmaci (es: metildopa, cloramfenicolo).
Una valutazione mirata da parte del medico curante, volta all’individuazione della possibile causa scatenante, è essenziale per contrastare tale stato patologico e arrivare ad una rapida e tempestiva cura. 
I sintomi associati ad un eccesso di ferro, contrariamente a quanto si possa pensare, sono: stanchezza, depressione, irritabilità, , mal di testa, le vertigini, i crampi, la perdita di peso, i dolori articolari, sbalzi d’umore; nell’uomo si assiste a ipogonadismo, nelle donne può associarsi ad una disfunzioni della tiroide e ad un’alterazione del ciclo mestruale.
Una delle manifestazioni più pericolose associate all’eccesso di ferro è l'emocromatosi: malattia che causa danni a fegato, pancreas ed cuore; ecco spiegata una sintomatologia caratterizzata da affaticamento cronico, dolori articolari, aritmie o disturbi cardiaci, cambiamento del colore della pelle (bronzo, grigio cenere, verdastro), ciclo mestruale irregolare o assente, osteoporosi, impotenza o sterilità, caduta dei capelli, depressione, fino ad arrivare a patologie più gravi quali Parkinson, infarto e cancro. 
L’emocromatosi non solo può rappresentare lo stato patologico conseguente all’elevata concentrazione di ferro nel sangue, ma può anche rappresentare la causa di sideremia alta. Si tratta infatti di una malattia, solitamente di tipo ereditario, caratterizzata proprio dall’accumulo eccessivo di ferro nei tessuti a causa di un difetto nei meccanismi di regolazione del metabolismo del minerale relativo al gene HFE, responsabile di regolare l’assorbimento del ferro assunto con gli alimenti. 
In condizioni fisiologiche l’uomo assorbe circa l'8-10% del ferro dai cibi, quindi è molto comune che si manifesti una carenza di ferro piuttosto che il contrario; chi è affetto da emocromatosi invece, è in grado di assorbire quattro volte tale percentuale dalla dieta quotidiana. Il rischio per questi soggetti è quello di arrivare ad una condizione di “avvelenamento da ferro” determinato dal deposito di questo nei vari organi. E’ possibile effettuare una diagnosi di emocromatosi sottoponendosi ad una semplice analisi del sangue mirata alla ricerca dei valori di: ferritina, sideremia e transferrina per una diagnosi della malattia. Per questo tipo di patologia l’unico rimedio ad oggi conosciuto è il salasso da intendere come donazione di sangue volontaria (dai 200 ai 400 cc a settimana); ovviamente è opportuno eliminare o ridurre dalla dieta tutti quegli alimenti notoriamente ricchi di ferro.

Eccesso di ferro e cattiva alimentazione
Il ferro è presente in molti alimenti, particolarmente nella carne rossa, soprattutto in fegato di bovino e frattaglie oltre che nelle carni di cavallo, cozze, ostriche, spigole, legumi secchi, frutta secca in guscio e frutta secca come datteri, albicocche, prugne, ma anche nel pane e cereali e in tutti quegli alimenti fortificati ( es cereali da colazione) ovvero alimenti che per loro natura non presenterebbero elevate concentrazioni di questo minerale, ma a cui viene aggiunto industrialmente.
Una volta assorbito dall’organismo, il ferro diventa parte dell’emoglobina, una molecola che lega l’ossigeno e lo porta ai tessuti. Le persone sane assorbono circa il 10% del ferro alimentare; nello specifico, l'intestino è in grado di assorbire tra il 2 e il 10% del ferro fornito dai vegetali e tra il 10 e il 35% di quello contenuto nelle fonti animali (ferro eme). Chi manifesta sideremia alta assorbe troppo ferro, tanto che l’organismo non riesce ad eliminarne l’eccesso, provocando così danni ai tessuti e agli organi. Per ottenere un apporto adeguato di ferro e diminuire il rischio di malattie, si può seguire una dieta sana che comprenda frutta, verdura e cereali integrali, limitando il consumo di carne (soprattutto carne rossa), preferendo alimenti freschi a quelli che hanno subito molteplici manipolazioni da parte dell’industria alimentare. 


Come contrastare l’eccesso di ferro con gli alimenti 
E’ fondamentale scegliere alimenti che tendono a contrastare la quantità di ferro assorbita, tra le sostanze utili ci sono:
· Calcio: minerale essenziale che inibisce l’assorbimento di ferro. Si trova in latte, yogurt, formaggio, sardine, verdure a foglia verde e crucifere (rucola, cavolo riccio, cime di rapa, cavolo cappuccio, broccoli), mandorle, legumi, tofu, erbe e aromi (maggiorana, timo, salvia, origano, menta, rosmarino, semi di finocchio, alloro), semi di papavero, di sesamo e semi di chia.
· Ossalati soprattutto presenti in spinaci, cavoli verdi, barbabietole, noci, tè, crusca, fragole cioccolato, crusca, rabarbaro, origano, basilico e prezzemolo; diminuiscono l’assorbimento del ferro non proveniente dalla carne.
· Polifenoli sono i principali inibitori dell’assorbimento del ferro, tra i polifenoli o composti fenolici ricordiamo l’acido clorogenico che si trova nel cacao, nel caffè e in alcune erbe. L’acido fenolico presente nelle mele, nella menta e in alcune tisane, e i tannini presenti nel tè nero, nel caffè, nel cacao, nelle spezie, nelle noci e nella frutta come le mele, le more, i lamponi e i mirtilli sono altresì in grado di inibire l’assorbimento del ferro.
· Uova grazie al contenuto di fosvitina: una fosfoproteina in grado di legare il ferro.

· Fitati: composto presenti nelle proteine della soia e nelle fibre. Anche le minime quantità di fitato (che da solo equivale al 5% circa delle farine di cereali integrali) presenta un forte effetto inibitorio sulla biodisponibilità del ferro. Il fitato si trova nelle noci, nelle mandorle, nel sesamo, nei fagioli, nelle lenticchie e nei piselli secchi, ma anche nei cereali e nelle farine integrali.

venerdì 20 febbraio 2015

psiconeuroendocrinoimmunologia: una disciplina dalle mille virtù



La psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI) è una disciplina che si basa sui lavori di Hans Selye sullo stress degli anni trenta in cui viene presa in esame la relazione fra il sistema nervoso, il sistema immunitario e il sistema endocrino.
PNEI, rappresenta nel panorama scientifico, un elemento innovativo, che consente di ampliare la visione clinica tradizionale mettendo in relazione salute e attività motoria.
E’ noto da studi degli anni novanta che l’eccessiva sollecitazione muscolare, induca la produzione di miochine ( citochine pro-infiammatorie) da parte dei miociti. 

Parallelamente, fu evidenziato che un regolare e moderato allenamento oltre che presentare una significativa risposta contro i disturbi correlati con la Sindrome Metabolica come aterosclerosi, sovrappeso, diabete, colesterolo, etc, presenta un ruolo estremamente importante nella regolazione dell’umore. A seguito dell’attività fisica il cervello produce infatti una particolare sostanza oppioide: l’anandamide che dona senso di diffuso benessere. Il termine "runner’s high" è ormai una definizione diffusa che indica lo stato di euforia e benessere che si insatura a seguito di attività motoria come la corsa e il jogging. PNEI pone speciale rilievo anche al ruolo euforizzante legato al ballo da intendere come movimento “coreografico” praticato presente in ogni luogo fino dall’antichità. Il ballo permette a tutto il corpo di muoversi; la musica infatti favorisce il coordinamento del corpo, i balli di gruppo poi favoriscono la socializzazione e il rafforzarsi dei rapporti sociali.

Sarebbe quindi corretto cominciare a pensare ad una “terapia fisica”, intesa come parte integrante del generale cambio di stile di vita volto alla cura dell’essere umano. Sono sempre più numerosi, inoltre, studi scientifici che cercano di spiegare i benefici legati all’attività fisica e il loro spiccato ruolo nel potenziamento delle difese immunitarie. E’ infatti emerso come il sistema immunitario di coloro che camminano 5 giorni a settimana per circa 30-45, risulti essere più forte di coloro che hanno uno stile di vita sedentario. Resta comunque il fatto che i maggiori benefici vengono tratti da un regolare ma moderato esercizio fisico, mentre sforzi eccessivi e prolungati, anche in soggetti allenati, possono provocare una immunosoppressione rendendoli più vulnerabili alle infezioni e ai malanni stagionali.



PNEI e obesità 

Il Sistema PNEI potrebbe essere un valido alleato per combattere il dilagante problema dell’obestità: abbassando i livelli di stess, aumentando il buonumore, la socialità e combattendo la sedentarietà.
L'obesità è una patologia tipica, anche se non esclusiva, delle società "del benessere" ed è quasi sempre correlata ad altre malattie, tra cui le disfunzioni cardiocircolatorie, diabete mellito di tipo 2, patologie a carico del sistema osteo-articolare, ictus, sindrome da apnea notturna e alcuni tipi di tumore. L'obesità è più comunemente causata da una combinazione di eccessivo apporto calorico, mancanza di attività fisica, ma potrebbe anche essere influenzata da fattori di tipo cognitivo e genetico interferenti reciprocamente; nonché dallo stress.
Secondo alcuni autori australiani, studi sull'uomo hanno dimostrato che soggetti esposti a stress rilevano una maggiore preferenza verso cibi grassi e molto dolci. Studi sui roditori, effettuati dagli stessi autori hanno dimostrato che una dieta ricca di grassi e zuccheri porta negli animali cambiamenti chimico-biologici a livello dei neurotrasmettitori responsabili del senso di fame e sazietà. Una dieta ricca di grassi e/o zuccheri sembrerebbe coadiuvare l’ attenuazione di comportamenti ansiogeni in ratti esposti a stress, identificando questi alimenti come “cibi del conforto”.
Sicuramente anche la componente genetica gioca un ruolo determinante nell’instaurarsi del fenomeno dell’obesità, in particolare per quanto concerne la variabilità genetica legata alle vie di trasmissione della dopamina.
Una dieta controllata e bilanciata, un corretto e adeguato esercizio fisico oltre che un mirato approccio psicologico sono da ritenersi dei capisaldi per una terapia preventiva e curativa contro l'obesità.

sabato 10 gennaio 2015

Bagordi festivi? A tutto c'è rimedio!


Dopo gli eccessi culinari legati al periodo natalizio, è bene cominciare al meglio il nuovo anno!

Si sa che i chili (e i centimetri) accumulati nel periodo delle feste vanno via non appena si torna al regime alimentare quotidiano. Ma spesso ci si vede diversi e accade che ci si faccia prendere dall'ansia di tornare in forma. Spesso ci si affida a “soluzioni riparatrici” fai da te. Peccato che sovente sortiscono l'effetto opposto, oltre che a provocare seri danni alla salute.
Non mettiamo fretta al nostro organismo, già stressato dalle abbuffate dei giorni appena passati; l’importante adesso è depurare l'organismo dalle tossine accumulate dai cibi fritti, dalle salse, creme, condimenti e intingoli vari.

Ecco qui un piccolo DECALOGO su cosa occorrerebbe fare ed evitare, per tornare in forma in poco tempo.

1) No ai digiuni forzati
Non fa assolutamente bene all’organismo stare a digiuno per periodi prolungati.
Il digiuno porta ad accumulare un appetito esagerato che sarà soddisfatto solo con un'altra grande abbuffata.
Molto meglio mangiare cibi poco calorici, come frutta e verdura ( anche cruda) ad intervalli nella giornata in modo da non sentirsi mai pieno, ma fornendo acqua e fibre.

2) Sì alla colazione
Non saltare la colazione anche se la sera prima hai cenato abbondantemente. Cerca di preferire il te al latte intero per qualche giorno e cerca di usare biscotti o fette biscottate integrali.

3) Si al movimento e all’attività fisica
Per ritornare in forma oltre che stare attenti a tavola, occorre integrare con una sana attività fisica, costituita principalmente da lunghe passeggiate a piedi o in bicicletta, esercizi aerobici come fitness e corsa. Se poi non si è amanti dello sport, basterà evitare per qualche giorno l'ascensore e salire le scale a piedi più volte al giorno, spostarsi a piedi anzichè prendere l'automobile o il bus, per garantire un minimo d'attività fisica.

4) No ai lassativi o farmaci diuretici
Pensare di prendere lassativi per sgonfiarsi è un'errata convinzione, oltre al fatto che certi medicinali devono essere assunti solo su prescrizione medica onde evitare pericolosi effetti collaterali. 
Cerca piuttosto di aumentare il consumo di fibre non solo assumendo più frutta e verdura, ma anche consumando cibi integrali ( cereali per la colazione, pane e pasta).

5) Si a bere molti liquidi
Una buona abitudine è quella di cominciare fino dalla mattina, a digiuno appena alzati, a consumare bevande a base di acqua come te, tisane, spremute e frullati di frutta. Mangia dello yogurt nell’arco della giornata, preferibilmente come spuntino.

6) No all'eccesso di cibi light o barrette
Resisti alla tentazione di consumare cibi light come bevande senza zucchero, caramelle dolcificate ecc. 
Mangiare “light” non significa mangiare sano; spesso alcuni di questi alimenti possono nascondere delle insidie. Le barrette come pasto sostitutivo poi non appagando il senso di sazietà, rischiano di aumentare l'introito calorico, inducendo a mangiare altri cibi.
Assumi piuttosto ai pasti cibi leggeri e al contempo sazianti a base di verdure, proteine e cereali integrali.

7) Via le ossessioni

Non è salubre pesarsi spesso e controllare i “rotolini” ad ogni specchio. Fai un bel respiro e rilassati, cerca di rivedere la tua alimentazione, introduci più acqua, fibre, frutta e verdura, muoviti, fai pasti piccoli e ripetuti nell’arco della giornata, riduci le porzioni e vedrai che i “danni” delle feste spariranno!